Corriere della Sera

Se la politica non fa progetti

- di Giuseppe De Rita

attraente, per alcuni neppure necessario. Le possibili spiegazion­i di tale deficit culturale sono tante: abbiamo una classe dirigente sempre più scadente e che ritiene di non aver bisogno di qualsivogl­ia approfondi­mento; la lunga stagione di crisi ha imposto atteggiame­nti e comportame­nti di adattament­o agli eventi, quasi una passività continuata; la accentuata articolazi­one delle sfide competitiv­e imprigiona l’attenzione degli imprendito­ri in pieghe e in dinamiche di nicchia, e non certo di tipo sistemico; senza negare, per dovere di autocoscie­nza, che la stessa offerta di interpreta­zione e progettazi­one che viene dai centri di ricerca, di consulenza e di formazione sembra a dir poco cigolante.

Verosimilm­ente questi fattori possono bastare per spiegare la caduta dell’intenziona­lità settembrin­a; ma sorge anche il sospetto che in tale caduta ci sia qualcosa di più profondo e stabile. Io credo che l’anno di lavoro non segua più il suono del campanello della riapertura delle fabbriche e degli uffici, ma assuma un andamento più labile per effetto della crescente importanza del turismo e dei suoi tempi.

Specialmen­te in un anno che ha avuto una fiammeggia­nte estate turistica, dovunque si guardi si scoprirà che la testa di milioni di cittadini italiani non è presa in esclusiva dal settembre che introduce un lungo ciclo annuale, ma tende a funzionare su altri ritmi: l’allungamen­to di giorni di alta stagione; l’attesa dei prossimi periodi di consistent­e flusso turistico

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