E la Cina oscura la tv (ma punta sul tycoon)
«Uno spettacolo di intrattenimento ». Così la stampa di Pechino ha presentato il teledibattito. Peccato che l’intrattenimento non sia stato visibile per i cinesi, causa censura. Anzitutto, è meglio non abituare il pubblico ai riti della democrazia occidentale. Poi, in questi mesi di campagna, Donald Trump ha sparato bordate contro Pechino «che manipola la sua valuta» e ha paragonato il deficit commerciale americano a «uno stupro da parte cinese». Ma nel caso che qualche cinese sia comunque riuscito a collegarsi alla Cnn, il Global Times, quotidiano statale di Pechino, ha avvertito che i candidati americani fanno affermazioni cui non seguono i fatti una volta eletti (in questo magari i cinesi non hanno torto). Comunque, la Cina preferisce Trump («irrazionale») rispetto a Hillary Clinton («un male a noi ben noto»). Un sondaggio sostiene che l’83 per cento dei cinesi vorrebbe che vincesse Trump, che qui si traduce «Telangpu»; Hillary invece è «Xilali» e Pechino non le perdona che da segretario di Stato sollevò spesso il tema dei diritti umani violati e ispirò la politica «Pivot to Asia» con il ridispiegamento di forze americane nella regione del Pacifico e nel Sudest asiatico per contenere i cinesi. Trump invece sta giocando la carta del neoisolazionismo e questo piace molto alla leadership nazionalista di Pechino. E poi, Trump non perde occasione per attaccare il terrorismo islamico e Pechino sogna di poter avere finalmente la comprensione di Washington nella sua lotta contro gli estremisti musulmani uiguri dello Xinjiang. Soprattutto, i cinesi percepiscono il candidato repubblicano come un pragmatico, che dopo i proclami «inattendibili» della campagna continuerebbe ad avallare gli affari UsaCina e lascerebbe giapponesi, coreani e filippini a fronteggiare da soli l’espansionismo cinese.