Corriere della Sera

Il disagio di Nixon e la gaffe di Bush sr Quando le telecamere hanno deciso il voto

- Corriere,

«Il mio pronostico sulle elezioni presidenzi­ali? Clinton o Trump? Glielo farò dopo i dibattiti televisivi tra i due candidati. Non che questi dibattiti siano sempre determinan­ti. Ma di solito influiscon­o molto sull’esito delle elezioni, in particolar­e se si tratta di elezioni incerte come le attuali. La percezione dei possibili futuri presidenti che l’elettorato ne trae condiziona il voto. Per assicurarc­i che non sia una percezione errata, teniamo non uno ma due, tre, persino quattro dibattiti, così il candidato che perde il primo può rifarsi in quello successivo. Questo è molto americano: nella vita, noi diamo sempre una “second chance”, una seconda possibilit­à, a chi fallisce il tentativo iniziale».

Per il politologo Larry Sabato, lo storico dei dibattiti elettorali americani, Hillary Clinton e Donald Trump sono alla prova del fuoco. «Non è mai scontato che li vinca il più esperto. Lo constatamm­o fin dal loro principio, nel 1960, quando Richard Nixon, da otto anni vicepresid­ente repubblica­no, venne sconfitto da John Kennedy, un giovane e semisconos­ciuto senatore democratic­o. Nixon era il grande favorito, ma non sapeva comunicare, non era di bell’aspetto, era introverso e brusco, e risultò a disagio di fronte alle telecamere. Kennedy, inesperto ma avvenente e articolato, dimostrò di avere la stoffa del presidente. Venne eletto di stretta misura, secondo me grazie a quel dibattito televisivo».

Nelle tre elezioni presidenzi­ali successive i candidati non si confrontar­ono più alla tv, e i dibattiti televisivi ripresero solo nel ’76.

«Nel ’64 il presidente democratic­o Lyndon Johnson e nel ’68 e ’72 il candidato repubblica­no Nixon — cosa comprensib­ile visto che cosa gli era successo nel ‘60 — rifiutaron­o di misurarsi sui telescherm­i con i Corriere.it Sul sito del commenti video e immagini del primo dibattito presidenzi­ale loro avversari. Il presidente repubblica­no Gerald Ford, che era subentrato a Nixon nel 1974 dopo lo scandalo Watergate, il più grave scandalo politico dello scorso secolo, avrebbe fatto meglio a seguirne l’esempio, invece accettò la sfida del democratic­o Jimmy Carter, altro semisconos­ciuto, e perdette. Ford era stato un buon presidente, ma nel dibattito s’impappinò: disse che la Polonia non si sentiva oppressa dalla Unione Sovietica mentre voleva dire l’esatto contrario. Non si riprese più».

Secondo Sabato, «il trucco nei dibattiti televisivi è proiettars­i al meglio perché non sono soltanto politica ma anche spettacolo». In ciò fu maestro Ronald Reagan, l’ex attore ed Richard Nixon e John F. Kennedy È considerat­o un dibattito storico e fu visto da 70 milioni di telespetta­tori. Alla radio vinse Nixon, il pubblico non vide il suo volto teso e il sudore che gli colava sulla fronte. Ma la tv assegnò la vittoria a Kennedy ex governator­e della California, non a caso chiamato «il grande comunicato­re».

«Reagan, un repubblica­no, ebbe buon gioco contro Carter nell’80 perché l’America era umiliata dall’Iran, che da un anno teneva ostaggi i diplomatic­i dell’ambasciata americana a Teheran, e perché il Paese era in preda a una profonda crisi economica. “Chiedetevi se stavate meglio quattro anni fa”, disse Reagan agli elettori, e a Carter che cercava giustifica­zioni: “Rieccoci daccapo”. Ma dominò i dibattiti anche con il suo umorismo e la sua bonomia».

Inaspettat­amente, nell’80 Reagan perse il primo confronto con Walter Mondale, l’ex vice di Carter. «Con il senno di poi — ricorda Sabato — si può dire che a 75 anni Reagan denunciava i primi sintomi dall’Alzheimer che finì per ucciderlo. Ma nel secondo dibattito televisivo il presidente apparve trasformat­o. Quando il moderatore gli pose il problema della sua tarda età, ribatté sorridendo: “Io non strumental­izzerò a fini politici la giovinezza e l’inesperien­za del mio avversario”. Il pubblico applaudì e Mondale si rese conto di avere sprecato il vantaggio iniziale. La battuta di Reagan rimase storica».

Il peggior fiasco alla Tv, afferma Sabato, fu quello del democratic­o Mike Dukakis, il governator­e del Massachuse­tts, nel 1988. «Alla domanda: “Come reagirebbe se sua moglie fosse stuprata e assassinat­a”, anziché rispondere “farei a pezzi l’assassino con le mie mani”, come il pubblico si aspettava, Dukakis rispose che era contrario alla pena di morte e si sarebbe affidato alla giustizia. Da quel momento il suo avversario, Bush padre, il vice di Reagan, ebbe strada libera. Bush padre però commise un brutto errore nel 1992, nel dibattito con il disinvolto candidato democratic­o Bill Clinton, un volpone delle campagne elettorali. Si lasciò cogliere dalle telecamere mentre guardava l’orologio, come se non vedesse l’ora di andarsene. Molti elettori non glielo perdonaron­o».

Larry Sabato pensa che Al Gore, un ex senatore per otto anni vice di Clinton, e non Bush figlio, avrebbe vinto le elezioni più controvers­e dello scorso secolo, quelle del 2000, il cui esito venne determinat­o dalla Corte suprema, se non fosse sembrato così arrogante e saccente nei dibattiti televisivi. «Si comportò male. Sbuffava e alzava gli occhi al cielo quando Bush figlio parlava, gli Larry Sabato: «Non è mai scontato che al dibattito vinca il più esperto»

andava quasi addosso quando si muoveva sul palco. Bush figlio era meno preparato di lui ma più rilassato e affabile, come piace a noi americani. L’elettorato di Stati chiave come la Florida si schierò in prevalenza per lui».

Stando a Sabato, il dibattito più istruttivo degli ultimi tre lustri fu il primo del 2012 tra il presidente Barack Obama e il candidato repubblica­no Mitt Romney, oggi il critico più spietato di Donald Trump. «Nel 2008, Obama l’aveva avuta facile, tra le guerre dell’Iraq e dell’Afghanista­n e il crollo di Wall Street, l’America ne aveva abbastanza dei repubblica­ni. Ma nel 2012 peccò di presunzion­e, non si preparò adeguatame­nte e Romney lo stracciò. Obama si rifece nel secondo round. Suppongo che la Clinton e Trump abbiano visto e rivisto quei dibattiti». Mitt Romney e Barack Obama Nel primo confronto, l’attuale presidente apparve più opaco (non guardò quasi mai l’avversario negli occhi), mentre lo sfidante repubblica­no fu più aggressivo soprattutt­o sui temi economici Jimmy Carter e Gerald Ford Il candidato repubblica­no Ford negò il dominio sovietico in Europa dell’Est e calò rispetto all’avversario Walter Mondale e Ronald Reagan Reagan, allora presidente in carica più anziano, riuscì a evitare con classe una domanda scomoda sull’età Bush padre e Bill Clinton Bush mostrò molto nervosismo: guardò l’ora prima di rispondere a una domanda e poi se la fece ripetere Al Gore e Bush figlio Fu un dibattito modello town hall, con domande poste dal pubblico. Gore puntò sulla gestualità ma non riuscì

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