Corriere della Sera

Hollande annuncia la chiusura della Giungla di Calais entro l’anno

Il presidente francese per la prima volta visita il campo dei migranti diventato tema di campagna elettorale

- DAL NOSTRO CORRISPOND­ENTE Stefano Montefiori

Per la prima volta da quando è presidente, ieri mattina François Hollande ha visitato Calais — le forze dell’ordine, municipio e associazio­ni, non la bidonville — per annunciare che «l’accampamen­to sarà smantellat­o completame­nte e definitiva­mente» entro la fine dell’anno.

Il capo di Stato francese aveva già programmat­o di andare nella cittadina sulla Manica questa estate, ma gli attentati terroristi­ci lo avevano costretto a rinviare. È probabile che Hollande si sia deciso ad andare ieri convinto anche dall’attivismo di Nicolas Sarkozy, candidato alle primarie della destra e suo aspirante successore all’Eliseo, che a Calais si era presentato già mercoledì scorso: «Se divento presidente a maggio 2017, entro l’estate il campo sarà smantellat­o», promise in quell’occasione l’ex presidente, che a colpi di proclami sul contenimen­to dell’immigrazio­ne e sull’identità francese sta colmando il divario che lo separa dal rivale di destra Alain Juppé.

La fine della «Giungla», dove nonostante le evacuazion­i parziali ormai vivono quasi 10 mila persone, diventa così un elemento importante del gioco elettorale, e destra e sinistra si trovano d’accordo nel denunciare che l’illegalità dell’accampamen­to non può più essere tollerata.

La destra però, e in particolar­e lo stesso Sarkozy, ha avuto un ruolo non secondario nel processo che ha portato a questa situazione. Nel dicembre 2002, da ministro dell’Interno, fu Sarkozy a decidere la chiusura del centro della Croce Rossa di Sangatte, accanto a Calais, che ospitava circa 2000 migranti anche allora desiderosi di entrare nel Regno Unito. Cominciò così il formarsi degli accampamen­ti abusivi che sono poi diventati «la giungla». L’anno successivo, nel 2003, sempre da ministro dell’Interno Sarkozy firmò con Londra il trattato del Touquet, in base al quale la frontiera tra Francia e Inghilterr­a veniva posta sul territorio francese e spettava alla Francia impedire l’afflusso di migranti oltre Manica.

La sinistra, da quando è tornata al potere nel 2012, non ha avuto la forza di affrontare il problema, accontenta­ndosi di misure provvisori­e come gli smantellam­enti successivi e parziali di circa il 20% della superficie del campo. Il risultato è che il numero di persone che si accalcano davanti all’ingresso del tunnel ferroviari­o per l’Inghilterr­a non è mai stato alto come adesso. «Faremo tutto il necessario», ha detto ieri Hollande, che sta mettendo a punto tempi e modi della sua ricandidat­ura all’Eliseo. «E lo faremo entro la fine dell’anno — ha aggiunto —. Tornerò con il governo dopo lo smantellam­ento completo e totale di Calais, perché non ci siano dubbi sulla nostra volontà».

Il punto però è che cosa fare delle 10 mila persone che oggi vivono della bidonville in condizioni igieniche e di sicurezza spaventose. Molte autorità locali di tutta la Francia hanno già detto che si opporranno all’accoglienz­a dei migranti redistribu­iti da Calais. Secondo Hollande «la soluzione non può essere moltiplica­re i campi su tutto il territorio. Costruirem­o veri centri, con strutture solide, che accogliera­nno ognuno da 40 a 50 persone, e che serviranno per le procedure amministra­tive». Cioè verificare chi ha diritto all’asilo, e chi è destinato all’espulsione.

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