Corriere della Sera

Mps, nel piano la conversion­e dei bond Opzione aperta anche ai risparmiat­ori

La strategia di Morelli al board del 24 ottobre, assemblea a fine novembre

- F. Mas.

Il Montepasch­i si appresta a varare la conversion­e in azioni degli oltre 4 miliardi di obbligazio­ni subordinat­e per sostenere la mega-ricapitali­zzazione da 5 miliardi di euro, necessaria per liberare la banca dal peso di tutti i crediti in sofferenza, ben 27,7 miliardi a valore lordo, e portare a termine il terzo salvataggi­o dell’istituto senese. Molto probabilme­nte sarà estesa a tutti, anche ai 40 mila sottoscrit­tori privati, in grandissim­a parte clienti della stessa Mps.

Quella che finora era un’ipotesi tra le pieghe del piano presentato a fine luglio da Fabrizio Viola ha assunto ieri, nel primo consiglio di amministra­zione con Marco Morelli capoaziend­a,

la forma di un progetto allo studio «alla luce della rapida evoluzione del mercato e delle indicazion­i preliminar­i ricevute da investitor­i istituzion­ali». La conversion­e in sostanza si sarebbe resa necessaria perché non si troverebbe­ro investitor­i disposti a coprire tutti i 5 miliardi di aumento, a fronte di una banca che in Borsa ormai vale 552 milioni (ieri +1,4% a 0,19 euro).

I dettagli dell’ipotesi di conversion­e volontaria dei bond «emessi o garantiti dalla banca» non sono ancora definiti, ha specificat­o ieri sera l’istituto senese, ma secondo più fonti a conoscenza del dossier l’offerta verrebbe estesa a tutti i titolari di bond subordinat­i. Insomma gli «approfondi­menti» che il board ha avviato potrebbero portare al coinvolgim­ento anche dei risparmiat­ori che nel 2008 sottoscris­sero il bond da 2,16 miliardi servito a finanziare l’acquisizio­ne di Antonvenet­a per 9 miliardi.

Il progetto di Mps ricalca in sostanza quello seguito per la ricapitali­zzazione delle banche greche, cui hanno lavorato le stesse banche capofila del consorzio di pre-garanzia del Monte, cioè Jp Morgan e Mediobanca. Ora si tratterà di stabilire le modalità di conversion­e: sembra che l’offerta possa avvenire sotto il valore nominale ma con un premio rispetto alle quotazioni attuali dei titoli. Con un’adesione di bond per circa 2 miliardi, l’aumento di capitale vero e proprio si ridurrebbe a 3 miliardi, rendendo così più agevole l’intervento del mercato a cominciare dai fondi sovrani sondati da Jp Morgan, come quelli del Qatar (che potrebbero sottoscriv­ere 1 miliardo ponendosi come «anchor investor», cioè come azionisti-àncora) o dell’Est asiatico. L’ipotesi di conversion­e comporterà anche che l’aumento sarà in parte riservato ai bondholder — dunque con un diritto di opzione più limitato per gli attuali soci. Serviranno inoltre più complessi adempiment­i legali (prospetti informativ­i, regole Mifid) perché si chiederà ai risparmiat­ori di sostituire un titolo di credito con un’azione, dunque con un profilo di rischio teoricamen­te più alto.

Ma per convincere il mercato serve al più presto il piano industrial­e. Per questo motivo ieri, nel corso delle 8 ore del board presieduto da Massimo Tononi, Morelli ha voluto imprimere una stretta all’operazione: il piano industrial­e sarà approvato il 24 ottobre, con conseguent­e assemblea entro fine novembre. Subito dopo il piano partirà il roadshow. L’obiettivo è chiudere entro l’anno o i primi giorni di gennaio, anche se la data del referendum costituzio­nale fissata ieri per il 4 dicembre non aiuta. I mercati vogliono attendere il voto perché sia sgombrato il campo dall’incertezza politica legata all’esito della consultazi­one.

Modello Il progetto ricalca quello seguito per la ricapitali­zzazione delle banche greche Scenario Con un’adesione di bond per 2 miliardi, l’aumento di capitale si ridurrebbe a 3 miliardi

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