«La fiducia sulla giustizia? Il governo rischia di cadere»
Orlando: la fiducia? C’è cautela Numeri risicati per le diffidenze di Ncd e di un pezzo di Pd
Da Pianosa, dove partecipa a una tavola rotonda sul reinserimento sociale dei detenuti, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, non nasconde le preoccupazioni per la riforma del processo penale attesa in Senato. «Abbiamo numeri risicati su una materia incandescente ed escludo che ci sarà la convergenza di altri gruppi parlamentari, a partire da Ala». Finora il premier Matteo Renzi aveva negato il voto di fiducia, che è stato autorizzato ieri sera dal consiglio dei ministri. «La fiducia presenta altri rischi oggettivi». E spiega: «Giusto verificare se ci sono le condizioni per il percorso ordinario che comporta la prova dei voti segreti sui singoli emendamenti».
«Il problema, come si sa, è che abbiamo numeri risicati su una materia incandescente ed escludo che ci sarà la convergenza di altri gruppi parlamentari, a partire da Ala. Per questo è indispensabile verificare se esistono le condizioni per il percorso ordinario». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando è preoccupato, teso e anche un po’ stanco. Però non ha voluto rinunciare a venire a Pianosa, dove il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha organizzato una tavola rotonda sui «progetti integrati di reinserimento sociale» che cercano di prendere il largo proprio da quest’isola che ospitò il penitenziario di massima sicurezza per terroristi e mafiosi. A Roma l’aspetta la discussione
al Senato sul destino della riforma del processo penale, appesa a un voto di fiducia finora negato da Renzi e di cui si tornerà a parlare nel Consiglio dei ministri convocato in serata.
Avete paura che il governo possa cadere sulla riforma della giustizia?
«Il Nuovo centrodestra e un pezzo di Pd non si fidano uno dell’altro, basta che qualcuno non si presenti al momento del voto e il gioco è fatto. Per questo l’altra sera Renzi ci ha chiesto opportunamente di verificare prima la situazione. Ncd ha già dimostrato grande diffidenza rispetto agli emendamenti presentati da un paio di senatori del Pd, Casson e Lumia, facendo mancare il numero legale». E il suo collega Alfano che dice?
«Mi ha assicurato che avrebbe fatto un lavoro sui suoi parlamentari, è stato lui ieri (lunedì,
ndr) a chiedere di mettere la fiducia, ma la situazione è rimasta incerta». Lei che cosa propone?
«Io non sono un fan del voto di fiducia. Ho sempre detto, trattandosi di materia penale, che preferivo cominciare a votare sui singoli articoli e vedere come andava. La materia è molto divisiva e non sono mancate, nella discussione, posizioni differenziate anche dentro il Pd. Ma i capigruppo mi hanno detto che non erano in grado di garantire questo percorso. Perciò s’è posto il problema della fiducia, che però presenta altri rischi oggettivi. C’è grande cautela per quello che può avvenire sul piano politico generale, più che paura sul merito del provvedimento».
Dunque Renzi è disposto a far morire la sua riforma, pur di non mettere in gioco il destino del governo alla vigilia del referendum?
«No, non credo e non sono disposto nemmeno io. Del resto se avesse voluto bloccare la legge, in passato avrebbe avuto più di un’occasione. Ci ha solo invitato a monitorare bene le condizioni al Senato. Io sono d’accordo a verificare se ci sono le condizioni per il percorso ordinario che comporta la prova dei voti segreti sui singoli emendamenti, fatta salva la tenuta sui passaggi essenziali».
Intanto c’è la conferma che in tema di giustizia la maggioranza traballa. Ncd non ha digerito l’allungamento dei tempi della prescrizione, così come una parte del Pd.
«Non è una sorpresa. È inoltre passata l’idea che sia un provvedimento che comprime le garanzie, credo che sia l’effetto del protagonismo di alcuni senatori del Pd che hanno voluto presentare i loro emendamenti. Ma è un effetto dovuto più ai titoli di giornale che a modifiche nel merito. In realtà rispetto a quello uscito dalla Camera e dal Consiglio dei ministri il testo è stato smussato perché dopo la prima sentenza la prescrizione si blocca per soli 18 mesi, anziché 2 anni».
È ciò che contestano i magistrati. Per Davigo questa legge è “inutile se non dannosa”.
«L’ho sentito. Peccato però poi mi abbiano presentato un dossier con le loro proposte, e ho scoperto che per metà sono già contenute nel testo in discussione al Senato. Non so se Davigo le collochi tra le inutili o le dannose. Di questa legge si parla solo in relazione a prescrizione e intercettazioni, ma contiene molte altre norme utili, fra l’altro, a sveltire i processi e modificare un ordinamento penitenziario che risale al 1975».
Insomma, se la situazione non si sblocca lei convincerà Renzi a chiedere la fiducia?
«Non si deve convincere nessuno, insieme si deve valutare la strada migliore per approvare una riforma che considero molto importante e che attua alcuni dei dodici punti con cui annunciammo il percorso di riforma della giustizia».