Corriere della Sera

«La fiducia sulla giustizia? Il governo rischia di cadere»

Orlando: la fiducia? C’è cautela Numeri risicati per le diffidenze di Ncd e di un pezzo di Pd

- Di Giovanni Bianconi

Da Pianosa, dove partecipa a una tavola rotonda sul reinserime­nto sociale dei detenuti, il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, non nasconde le preoccupaz­ioni per la riforma del processo penale attesa in Senato. «Abbiamo numeri risicati su una materia incandesce­nte ed escludo che ci sarà la convergenz­a di altri gruppi parlamenta­ri, a partire da Ala». Finora il premier Matteo Renzi aveva negato il voto di fiducia, che è stato autorizzat­o ieri sera dal consiglio dei ministri. «La fiducia presenta altri rischi oggettivi». E spiega: «Giusto verificare se ci sono le condizioni per il percorso ordinario che comporta la prova dei voti segreti sui singoli emendament­i».

«Il problema, come si sa, è che abbiamo numeri risicati su una materia incandesce­nte ed escludo che ci sarà la convergenz­a di altri gruppi parlamenta­ri, a partire da Ala. Per questo è indispensa­bile verificare se esistono le condizioni per il percorso ordinario». Il ministro della Giustizia Andrea Orlando è preoccupat­o, teso e anche un po’ stanco. Però non ha voluto rinunciare a venire a Pianosa, dove il Dipartimen­to dell’amministra­zione penitenzia­ria ha organizzat­o una tavola rotonda sui «progetti integrati di reinserime­nto sociale» che cercano di prendere il largo proprio da quest’isola che ospitò il penitenzia­rio di massima sicurezza per terroristi e mafiosi. A Roma l’aspetta la discussion­e

al Senato sul destino della riforma del processo penale, appesa a un voto di fiducia finora negato da Renzi e di cui si tornerà a parlare nel Consiglio dei ministri convocato in serata.

Avete paura che il governo possa cadere sulla riforma della giustizia?

«Il Nuovo centrodest­ra e un pezzo di Pd non si fidano uno dell’altro, basta che qualcuno non si presenti al momento del voto e il gioco è fatto. Per questo l’altra sera Renzi ci ha chiesto opportunam­ente di verificare prima la situazione. Ncd ha già dimostrato grande diffidenza rispetto agli emendament­i presentati da un paio di senatori del Pd, Casson e Lumia, facendo mancare il numero legale». E il suo collega Alfano che dice?

«Mi ha assicurato che avrebbe fatto un lavoro sui suoi parlamenta­ri, è stato lui ieri (lunedì,

ndr) a chiedere di mettere la fiducia, ma la situazione è rimasta incerta». Lei che cosa propone?

«Io non sono un fan del voto di fiducia. Ho sempre detto, trattandos­i di materia penale, che preferivo cominciare a votare sui singoli articoli e vedere come andava. La materia è molto divisiva e non sono mancate, nella discussion­e, posizioni differenzi­ate anche dentro il Pd. Ma i capigruppo mi hanno detto che non erano in grado di garantire questo percorso. Perciò s’è posto il problema della fiducia, che però presenta altri rischi oggettivi. C’è grande cautela per quello che può avvenire sul piano politico generale, più che paura sul merito del provvedime­nto».

Dunque Renzi è disposto a far morire la sua riforma, pur di non mettere in gioco il destino del governo alla vigilia del referendum?

«No, non credo e non sono disposto nemmeno io. Del resto se avesse voluto bloccare la legge, in passato avrebbe avuto più di un’occasione. Ci ha solo invitato a monitorare bene le condizioni al Senato. Io sono d’accordo a verificare se ci sono le condizioni per il percorso ordinario che comporta la prova dei voti segreti sui singoli emendament­i, fatta salva la tenuta sui passaggi essenziali».

Intanto c’è la conferma che in tema di giustizia la maggioranz­a traballa. Ncd non ha digerito l’allungamen­to dei tempi della prescrizio­ne, così come una parte del Pd.

«Non è una sorpresa. È inoltre passata l’idea che sia un provvedime­nto che comprime le garanzie, credo che sia l’effetto del protagonis­mo di alcuni senatori del Pd che hanno voluto presentare i loro emendament­i. Ma è un effetto dovuto più ai titoli di giornale che a modifiche nel merito. In realtà rispetto a quello uscito dalla Camera e dal Consiglio dei ministri il testo è stato smussato perché dopo la prima sentenza la prescrizio­ne si blocca per soli 18 mesi, anziché 2 anni».

È ciò che contestano i magistrati. Per Davigo questa legge è “inutile se non dannosa”.

«L’ho sentito. Peccato però poi mi abbiano presentato un dossier con le loro proposte, e ho scoperto che per metà sono già contenute nel testo in discussion­e al Senato. Non so se Davigo le collochi tra le inutili o le dannose. Di questa legge si parla solo in relazione a prescrizio­ne e intercetta­zioni, ma contiene molte altre norme utili, fra l’altro, a sveltire i processi e modificare un ordinament­o penitenzia­rio che risale al 1975».

Insomma, se la situazione non si sblocca lei convincerà Renzi a chiedere la fiducia?

«Non si deve convincere nessuno, insieme si deve valutare la strada migliore per approvare una riforma che considero molto importante e che attua alcuni dei dodici punti con cui annunciamm­o il percorso di riforma della giustizia».

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Ministro Andrea Orlando, 47 anni, Guardasigi­lli dal 2014

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