La guerriglia sigla la pace e chiede scusa alle vittime
Ha citato le farfalle gialle di Gabriel García Márquez e Francesco d’Assisi, la sfida ambientale e i diritti della comunità LGBT. Poetico, felice, «rivoluzionario sempre», Rodrigo Londoño, alias «Timochenko», il leader della guerriglia più antica dell’America latina, ha poi chiesto scusa alle vittime del conflitto armato fra le sue Farc e lo Stato colombiano: 220 mila morti, 45 mila desaparecidos, 7 milioni di sfollati. Il presidente Juan Manuel Santos (a sinistra nella foto) gli ha teso la mano: «Benvenuto nella democrazia». Erano tutti vestiti di bianco, lunedì sera a Cartagena, per la storica firma di pace fra i due protagonisti della svolta. Alle loro spalle, sorridenti e complici, il cubano Raul Castro, anfitrione per quattro anni delle trattative, e il segretario dell’Onu, Ban Kimoon. Ora toccherà ai colombiani ratificare la pace con il referendum del 2 ottobre. «Disarmiamo la mente e i cuori», ha incitato Londoño. Ma restano molte ferite aperte, un negoziato da concludere con un’altra guerriglia, l’Eln, e soprattutto l’ombra dei paramilitari e delle bande criminali, che potrebbero approfittare del disarmo dei 7 mila guerriglieri per occupare aree finora controllate dalle Farc. Come scrisse Gabo, è «più facile cominciare una guerra che finirla».