Corriere della Sera

Corleone rifiuta il pizzo al nipote di Provenzano

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Sembra l’epilogo di un western a lieto fine con la comparsa in sequenza dei «Magnifici 8», visto che tanti sono gli artigiani e gli imprendito­ri che hanno avuto il coraggio di denunciare gli estortori e i mafiosi a Corleone, la città di Riina e Provenzano. La buona notizia dei 12 arresti effettuati ieri dai carabinier­i è anche qualcosa di più. Perché quel coraggio ad alcune delle vittime risparmiat­e al pizzo sarebbe venuto fuori anche per il sostegno trovato nei ragazzi di Addiopizzo. Stavolta fuori Palermo. Come fa sapere uno dei leader, Daniele Marannano, insistendo su «questo messaggio forte» che spera di fare arrivare alla massa dei paganti: «Si può dire no». In questi paesini della provincia tanti continuano infatti a subire. Ma qualcosa cambia. E si capisce dal numero dell’operazione chiamata «Grande passo 4» perché preceduta da altre tre. Con mazzate ogni volta capaci di destruttur­are pezzi della vecchia Cosa nostra. Anche se non lo capiva l’impiegato comunale che «avvicinava» gli imprendito­ri in municipio, quando ancora non era stato sciolto per mafia. E non lo capiva un nipote di Provenzano, Carmelo Gariffo, illuso di potere riprendere in mano la «Cosa», nonostante si lamentasse del suo stato («Azzerato, economicam­ente e mafiosamen­te»), arrabbiato con i cugini, i due figli del boss: «Da loro solo lamentele, non si vogliono interessar­e a nessuna cosa». E preoccupat­o per lo zio: «Non sono il solo ad avere bisogno, ce ne sono assai... iniziando da mio zio e mio zio certe cose non se le merita».

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