«NON COPIARE»: UNA REGOLA CHE DEVE ESSERE SEMPRE VALIDA
Bisogna ammetterlo. A molti, nelle più o meno lunghe carriere scolastiche, è capitato di sognare il giorno del «liberi tutti». Invece, copiare è stata (e rimane) una tecnica complicata, che comporta (giustamente) dei rischi. Accade invece che all’Università di Bologna, uno degli atenei italiani più prestigiosi, il professor Lucio Picci, non condividendo il fatto che l’ateneo sarebbe stato troppo morbido con alcuni suoi colleghi colpevoli di plagio (di aver copiato, appunto) ha detto agli studenti che li lascerà liberi di farlo: «Se siamo impuniti noi, annuncio che non vigilerò per evitare che voi copiate». Una provocazione, certo. La reazione ad un sistema di doppiopesismo, certo. Con l’obiettivo di sollevare una questione delicata e sottovalutata. Tutto vero. Eppure il «liberi tutti» non convince. Il fatto che alcuni professori non siano stati corretti non può trasformarsi nella decisione di sospendere regole che mettono tutti alla pari. È un po’ come se un ufficiale dei carabinieri, per colpa di qualche collega scorretto, decidesse di invitare i cittadini a violare la legge. Non lo farebbe. Forse il paragone può apparire forte, ma è così. L’aula universitaria, per gli studenti che la frequentano, è un luogo che rappresenta una prima palestra della vita. Stabilire che per l’anno accademico 2016-2017 al corso di Politica economica le regole non valgono forse è un po’ troppo. E chi, nonostante tutto, nonostante il lasciapassare si atterrà alle regole? Per lui quali regole si dovranno applicare? Meglio concentrarsi sui pro-fessoricopioni. È vero, le scuse degli accademici sono molto più ridicole di quelle degli studenti che cercano di uscire dai guai con spiegazioni improbabili. Però l’errore è lì, nel plagio, non nelle regole che dicono: non si copia. O almeno: se si copia, come è sempre stato, si sa di correre un rischio. Piccolo o grande che sia.