Corriere della Sera

Ecco il piano Mps per convertire i bond A metà novembre l’assemblea, entro il referendum l’operazione, poi l’aumento di capitale

- Fabrizio Massaro Francesco Di Frischia

Si comincia a delineare il percorso a tappe forzate che l’amministra­tore delegato di Mps, Marco Morelli, sta impostando con le banche advisor per realizzare la ricapitali­zzazione da 5 miliardi di euro. La stretta sui tempi è dettata dalla volontà di portare a termine l’operazione entro l’anno, così da non accavallar­si con l’aumento di capitale di Unicredit ed eventualme­nte anche con quello di altri colossi europei.

Secondo fonti finanziari­e a conoscenza del dossier, l’operazione dovrebbe avvenire in più fasi, secondo questo abbozzo di schema: dopo il piano industrial­e che sarà approvato il 24 ottobre verrà convocata l’assemblea, attorno a metà novembre. Subito dopo dovrebbe partire l’offerta di conversion­e volontaria dei bond in azioni rivolta ai possessori di obbligazio­ni subordinat­e, secondo un’impostazio­ne già presente nel progetto varato dall’ex ceo Fabrizio Viola. Sicurament­e l’offerta sarà indirizzat­a agli investitor­i istituzion­ali ma molto probabilme­nte riguarderà anche i piccoli risparmiat­ori, così da ampliare l’ammontare delle possibili adesioni. Mps ha emesso bond subordinat­i per circa 4,5 miliardi, di cui 2,16 collocati da Mps a circa 40 mila clienti retail, in scadenza nel 2018. È ancora in discussion­e il prezzo di conversion­e: secondo alcune ipotesi potrebbe essere sotto il valore nominale ma a premio rispetto alle quotazioni di mercato.

La finestra per la conversion­e dei bond dovrebbe durare due settimane così da concluders­i a ridosso del referendum del 4 dicembre. «Qualche mese fa l’immagine delle cooperativ­e è stata offuscata a causa del coinvolgim­ento di poche, ma per noi sempre troppe, cooperativ­e in una inchiesta (“Mafia Capitale” ndr). Legacoop non si è nascosta davanti ai problemi, la nostra richiesta di essere parte civile è stata accolta e oggi registriam­o segni di ripresa della fiducia degli italiani verso la cooperazio­ne». Contempora­neamente le banche advisor Jp Morgan e Mediobanca — capofila anche del consorzio di pre-garanzia dell’aumento — continuera­nno a ricercare il fondo (o i fondi) interessat­i a prendere una quota di Mps, il cosiddetto «anchor investor» (investitor­e-àncora). Discussion­i sarebbero in corso con fondi sovrani del Qatar e di altri Paesi asiatici, ma non solo. Si punta a raccoglier­e così tra 500 milioni e 1,5 miliardi.

Una volta che si sarà chiarito il quadro politico post-referendum, potrà partire l’aumento di capitale vero e proprio per l’ammontare Così il presidente di Legacoop, Mauro Lusetti (foto), presenta la «Biennale dell’Economia Cooperativ­a», organizzat­a a Bologna dal 7 al 9 ottobre, in occasione dei 130 anni della nascita della Lega delle Cooperativ­e. Nel dettaglio, i dati mostrano come la cooperazio­ne ha tenuto bene alla crisi registrand­o nel 2015 chiari segnali di ripresa: infatti il fatturato è aumentato del 4% rispetto al 2014, mentre occupati e soci crescono del 2,5%, in linea con quanto avvenuto negli residuo non coperto dai bond convertiti e dall’anchor investor. A causa delle condizioni attuali del mercato, con il titolo Mps a 0,20 euro (ieri in recupero del 1,6%) e una capitalizz­azione di 570 milioni, non ci sarebbe tuttavia spazio per concedere il diritto di opzione agli attuali soci, per assenza di un valore effettivo del diritto stesso. Per venire incontro a chi volesse comunque seguire l’aumento Mps, si starebbe valutando la concession­e di un diritto di prelazione ai soci. ultimi tre anni. Durante lo scandalo di «Mafia Capitale» la fiducia degli italiani verso il sistema coop era sceso sotto il 40%, ma «ora - aggiunge Lusetti - abbiamo recuperato e siamo ritornati sopra il 50% (mentre verso le imprese private è del 40) anche perché abbiamo adottato non solo un codice etico, ma abbiamo applicato il ricambio dei dirigenti». Miliardi di euro Il capitale che Mps dovrà recuperare per coprire le perdite dalla cessione di tutti i 27,7 miliardi lordi di crediti in sofferenza attraverso una gigantesca cartolariz­zazione La Corte d’appello di Napoli ha ritenuto illegittim­o il licenziame­nto di cinque operai dello stabilimen­to Fca di Pomigliano d’Arco, in provincia di Napoli, e ne ha disposto il reintegro in azienda. I cinque operai erano stati licenziati nel giugno del 2014 in seguito a una manifestaz­ione davanti al polo logistico di Nola ritenuta offensiva dai vertici aziendali. Vengono così ribaltate le prime due sentenze emesse dal tribunale di Nola, che aveva rigettato il ricorso delle tute blu contro il massimo provvedime­nto aziendale. I legali di Fca starebbero valutando l’opportunit­à di ricorrere in Cassazione contro la sentenza.

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