«Donne che non vogliono figli Commedia contro i conformismi»
Il regista argentino Winograd: affronto un tema serissimo con toni lievi
Perché se una donna dice di non volere bambini viene guardata con sospetto o come fosse una malattia? E perché quella domanda non la fanno mai agli uomini? Bella, giovane, traboccante di energia, Vicky non si capacita dell’insistenza con cui gli «altri» si stupiscono che lei non sia madre. «Non lo sono e non lo sarò mai» mette ben in chiaro.
«Figli? No grazie. Non mi piacciono, strillano, ti tolgono intimità. E meno male che anche tu non ne hai» sussurra complice a Gabriel, quarantenne fascinoso, incontrato da poco ma subito promosso a uomo della sua vita. E lui che non vuole perderla, non ha il coraggio di smentirla e si limita a confessarsi «sposato e separato». Una mezza verità che fa una bugia. Perché Gabriel una figlia ce l’ha. E Sofia, 9 anni, perspicace e ricattatrice, è una presenza difficile da nascondere. Se permetti non parlarmi di bambini, domani nei cinema, è una commedia leggera su un tema serissimo, foriero di accesi dibattiti. «In Argentina l’hanno vista mezzo milione di spettatori divisi tra le ragioni di Vicky e quelle di Gabriel» assicura il regista Ariel Winograd che ha messo a disposizione del film la sua esperienza di genitore per rendere più verosimile e divertente la girandola di equivoci e sotterfugi che Gabriel mette in atto per tentare di non far crollare il suo castello di menzogne.
Perché ogni volta che Vicky è in arrivo, lui deve affrettarsi a liberare la casa da ogni traccia della bambina, via la tenda da pellerossa, i disegni alle pareti, i pupazzi e i pelouche... Tutti stipati in una stanza chiusa a chiave come quella di Barbablu.
Un frenetico smonta e rimonta a continuo rischio di dimenticare qualcosa di compromettente, la paperella in bagno, il cuore sulla lavagna con tanto di «papà ti amo»...
«Il film è attuale perché parla di una nuova idea di famiglia dove le donne si sentono realizzate anche senza essere madri. È un dato di fatto. Anche se sono convinto che, bene o male, i figli si continueranno a fare».
Ma intanto il calo della natalità in occidente è inoppugnabile. E l’Italia, tra i Paesi europei, è in testa alla classifica, con un 25% di donne «child free» in più negli ultimi 50 anni. Colpa della crisi, ma non solo. «In realtà le donne hanno scoperto il diritto di scelta anche su questo fronte. E non sono tenute a dare spiegazioni di sorta» interviene Maribel Verdù, 46 anni, che, come la sua Vicky, si schiera sul fronte «No Kids», tra le paladine de ll’Infertility Day.
«Pur se con toni lievi, questo è il primo film a sollevare il problema — riprende Winograd —. Finora a decidere di non volere figli erano sempre gli uomini, ora la prospettiva è ribaltata. Io ho due figli e credo che siano allo stesso tempo la cosa migliore e peggiore che possa capitare nella vita».
Così la pensa anche Gabriel (Diego Peretti) diviso tra il tentare di «rimuovere» Sofia per
lasciar spazio al nuovo amore, e l’affetto per la mocciosa rompiscatole. Che lo mette in croce sulla nuova fidanzata. Imbarazzato, Gabriel le spiega che Vicky ha una fobia.
«Odia i bambini. Per lei l’idea di incrociarne uno è come, per chi è terrorizzato dai piccioni, attraversare Plaza de Mayo». Ma il tanto temuto incontro accadrà. E dato che siamo in una commedia, sarà pure a lieto fine.
Bambini In arrivo «Se permetti non parlarmi di bambini» che ha diviso le platee in Sudamerica