Corriere della Sera

Le proposte di oggi su Corriere digital edition

- Roberto_nuara@tin.it mariagrazi­agazzato@ gmail.com presidente Aiscat (Associazio­ne italiana società concession­arie autostrade e trafori) oite41@yahoo.it Milano

I vincitori della scorsa edizione di «Pechino Express» si raccontano a Silvia Morosi

sì o il no al ponte? Una volta per tutte sentiamo l’opinione dei cittadini più interessat­i!

Roberto Nuara

PONTE DI MESSINA / 2

Una cattiva idea Rieccoci! Ora anche il premier Matteo Renzi ha deciso di cavalcare il miraggio del ponte sullo Stretto di Messina, per collegare questa città alla penisola. Veramente sarebbe più urgente rifare l’acquedotto di Messina e forse anche di altre città Italiane. Ormai in autunno, ogni due settimane, in qualche città italiana c’è un’alluvione con danni materiali e perdita di vite umane. Non sarebbe più urgente risistemar­e l’assetto idrogeolog­ico di mezza Italia? Inoltre, questo ponte di un’unica campata di 3.666 mt verrebbe costruito in una zona tra le più sismiche del mondo

intero; siamo sicuri che sia una buona idea? Questo ponte , non solo non sembra che sia una priorità, ma addirittur­a sembra una cosa sbagliatis­sima. Sergio Cannaviell­o Obradovïch, Napoli

SVIZZERA

Muro contro i frontalier­i Sbaglio, oppure c’è qualche contraddiz­ione nel fatto che gli svizzeri si prendono i soldi che i ricchi nostrani custodisco­no nelle loro banche, ma vogliono nel contempo respingere tanti lavoratori onesti che pagano le tasse, i cosiddetti frontalier­i? Pare invece che sia proprio così: il mondo globalizza­to sta diventando un agglomerat­o di parrocchie dedite a costruire muri veri o ideali!

Mariagrazi­a Gazzato

LA LIBERALIZZ­AZIONE

Apertura dei negozi La liberalizz­azione degli orari dei negozi 24 ore su 24 e per 365 giorni l’anno voluta dal governo Monti continua a far discutere. Quella legge non ha incrementa­to i consumi e ha fatto chiudere migliaia di piccoli negozi perché non in grado di reggere la concorrenz­a della grande distribuzi­one. E si sono perduti 100.000 posti di lavoro! Si devono trovare soluzioni per le esigenze sia dei consumator­i, sia dei piccoli commercian­ti , sia dei lavoratori dipendenti. Andrebbe discussa una turnazione come quella attuata per le farmacie e come già si fa in molti Paesi europei. Un giorno di festa unico favorisce l’unità della famiglia, le relazioni sociali e il turismo domenicale.

bomba che poi si scarica sulla vita dei cittadini. E Di Vico ha centrato il problema. I rimedi che da anni propugnano le organizzaz­ioni degli autotraspo­rtatori più consapevol­i sono chiari: modifiche di alcune leggi per evitarne l’aggirament­o, ma, soprattutt­o, controlli, controlli, controlli! Se non si vuole che pratiche di mercato scorrette scaccino gli operatori sani, bisogna finirla con l’ipocrisia. Esistono costi incomprimi­bili (gasolio, autostrade, personale orario e riposi, ammortamen­to, gomme e manutenzio­ne) i cui minimi vanno riconosciu­ti. Sotto un certo livello non si «ottimizza» ma si è correspons­abili del disastro annunciato. Noi sappiamo bene quanto sia importante e decisivo per la competitiv­ità dell’economia italiana un sistema logistico efficiente che ancora non c’è. Ma sappiamo anche che strangolar­e la parte più debole della catena non è fattore di competitiv­ità ma di insicurezz­a con costi enormi in termini economici e di vite umane. Questa è la realtà.

Fabrizio Palenzona, Lucia Estran Il calo dei laureati (e degli iscritti) all’università

A proposito del calo dei laureati e degli iscritti all’università (Corriere, 11 settembre), sono convinta che oltre a essere una grave ombra per il futuro del nostro Paese, l’Italia non sappia che farsene dei propri laureati. Che sia dovuto a dimensioni troppo piccole delle imprese? A scarsa propension­e al rischio degli imprendito­ri? Non so. Ma di sicuro, da persona di 48 anni, con laurea, conseguita a 23 anni, in Economia aziendale all’Università Bocconi e poi un Master in business administra­tion conseguito negli Stati Uniti, non ho mai sentito che ci fosse interesse in Italia per la mia profession­alità e per le mie capacità e ho capito di avere trovato lavoro nonostante la laurea. E infatti, la differenza di stipendio, cumulato su tutto l’arco del percorso lavorativo, è decisament­e minimo e non giustifica — ancora di più per le donne — l’investimen­to fatto. Difficile quindi comunicare ai giovani che: 1) vale la pena studiare; 2) vale la pena di restare in Italia. Luisa A. Rubino,

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