Importo ridotto del 6% l’anno per chi esce prima
L’Ape, l’anticipo pensionistico, consentirà di lasciare il lavoro 3 anni e sette mesi prima del previsto ai nati tra il 1951 e il 1953. Chi lo sceglierà su base volontaria subirà un taglio dell’assegno del 6% per ogni anno d’anticipo, compresi gli interessi bancari e l’assicurazione. Al massimo la penalizzazione arriverà quindi poco sopra il 20%. Poi c’è il cosiddetto Ape social, riservato alle persone in difficoltà: disoccupati senza ammortizzatori sociali, disabili, lavoratori con disabili a carico e persone che svolgono quelle attività «gravose» che saranno definite nelle prossime settimane. Qui c’è una novità. Si era sempre detto che l’assegno non sarebbe stato tagliato a chi, rientrando in queste categorie, aveva una pensione al di sotto dei 1.500 euro lordi al mese. La soglia si è abbassata a 1.300 euro visto che nel documento si indica come parametro la Naspi, il nuovo assegno di disoccupazione, che ha proprio quell’importo. La cifra precisa, però, verrà definita nei prossimi giorni perché dipende da quanto ampia sarà la categoria delle attività gravose, che inciderà sui costi dell’operazione. Per chi ha un reddito più alto il taglio dell’assegno ci sarà, ma non andrà oltre il 3% per ogni anno di anticipo. In caso di ristrutturazioni aziendali il costo dell’Ape sarà a carico delle stesse imprese, senza gravare né sullo Stato né sul lavoratore. I lavoratori che avranno maturato i requisiti per l’Ape potranno scegliere anche la cosiddetta Rita, rendita integrativa temporanea anticipata. In sostanza una piccola rendita che «pesca» dalla previdenza complementare, con una tassazione agevolata intorno al 15%, contro il 23% previsto oggi per l’anticipo del Tfr.