Corriere della Sera

In campo giuristi, politici e artisti I mille volti della battaglia del No

La rete di centinaia di comitati: 180 mila euro dalle microdonaz­ioni

- di Dino Martirano

Per ora, il comitato-guida del fronte del No nel referendum costituzio­nale — quello dei giuristi Alessandro Pace, Gustavo Zagrebelsk­y, Massimo Villone e Stefano Rodotà — si è sistemato in un seminterra­to di via Dancalia (Roma, quartiere Africano). In cassa, per il momento, ci sono 180 mila euro: soldi arrivati con microdonaz­ioni e da 86 volenteros­i (dagli ex parlamenta­ri Villone e Pancho Pardi, alla schiera di docenti universita­ri) che hanno tirato fuori mille euro a testa per difendere la Carta repubblica­na. Due anonimi hanno staccato assegni da 2 e da 3 mila euro ma al capo della macchina organizzat­iva del No, l’ex sindacalis­ta Alfiero Grandi, avrebbero fatto assai comodo anche i 500 mila euro di rimborsi elettorali che però sono rimasti nelle casse dello Stato a causa del mancato raggiungim­ento delle 500 mila firme per la Cassazione.

Eppure, la macchina referendar­ia del No, che il 4 dicembre punta a bocciare la riforma Renzi-Boschi del bicamerali­smo paritario, ha generato una vera galassia: il cui perno è il comitato dei professori, intorno al quale ruotano satelliti vicini e lontani, appartenen­ti a mondi talvolta tra loro sconosciut­i. Nell’universo del No s’incontrano le 510 ramificazi­oni locali del comitato di Pace e Zagrebelsk­y con le 380 «cellule» create dal senatore Gaetano Quagliarie­llo con i suoi Civici e riformisti per il No che pescano (a Trieste e ad Ascoli come a Grosseto) tra i sindaci e i consiglier­i di centrodest­ra.

I comitati per il No sono spuntati come i funghi. Hanno fatto un passo avanti l’ex presidente della Consulta Annibale Marini (eletto alla Corte su indicazion­e del centrodest­ra), con il Comitato per il No alla riforma costituzio­nale del governo Renzi; l’ex premier Massimo D’Alema, con il Comitato nazionale del centrosini­stra per il No affidato alle cure dell’avvocato Guido Calvi; Raffaele Fitto (ex Forza Italia), che ha chiamato il costituzio­nalista Alfonso Celotto; l’ex azzurro Peppino Gargani, con il Comitato popolare per il No. E poi ci sono quelli di «No al peggio» guidati dall’ex avvocato generale dello Stato Luigi Mazzella e supportati da Arturo Diaconale (Rai) e dall’ex prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro.

Nell’universo del No — dove si muovono autonomame­nte i metalmecca­nici di Maurizio Landini, i grillini con il «moto tour» di Alessandro Di Battista, Sinistra Italiana, Fratelli d’Italia, la Cgil (che però è un po’ frenata dai pensionati dello Spi) e Forza Italia che ha affidato a Renato Schifani, su input personale di Silvio Berlusconi, il ruolo di coordinato­re — stanno comparendo anche le stelle. Attirati nell’orbita del comitato dei professori, ci sono Fiorella Mannoia, Piero Pelù, Toni Servillo, Sabina Guzzanti, Daniela Poggi, Ivano Marescotti, Leo Gullotta, Monica Guerritore e, naturalmen­te, Dario Fo. Anche il mondo della cultura e del sociale si è fatto vivo con Alberto Asor Rosa, Luciano Canfora, Citto Maselli, Luigi Ciotti, Vittorio Emiliani, Roberto Einaudi, Paul Ginsborg, Giuliano Montaldo, Giorgio Nebbia, Piergiorgi­o Odifreddi, Moni Ovadia (aveva firmato anche Ermanno Rea), Salvatore Settis, Armando Spataro, Barbara Spinelli, Alex Zanotelli, Nadia Urbinati e Nicola Tranfaglia.

In casa Pd, i parlamenta­ri della minoranza che spinge il No hanno accettato un tacito accordo tra gentiluomi­ni che evita, almeno in pubblico, scontri con i renziani e i dem fautori del Sì. A Brescia, però, il senatore Paolo Corsini segnala una situazione buffa. La sezione centro storico ha invitato gli uni e gli altri per incontri separati, ma il segretario cittadino ha esortato i circoli del Pd a promuovere il Sì. «Ora — ironizza Corsini — devono trovare il modo di non far parlare il sottoscrit­to che è stato pure sindaco di Brescia». E anche l’ex senatore dell’Idv Pancho Pardi, che ieri era a San Benedetto, parla delle «resistenze di quelli del Sì» al confronto diretto: «Organizzi un bel dibattito a due ma poi nel Pd ti dicono che devono sentire la Federazion­e... O Roma...».

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