Corriere della Sera

SERVE UNA PROVA DI REALISMO

- Di Federico Fubini

Nel suo studio firmato da Jan in ‘t Veld, la Commission­e osserva che in Germania gli investimen­ti pubblici in proporzion­e al reddito viaggiano sotto la media europea dal 1995, ma un loro aumento dell’1% per un decennio farebbe bene a tutti: la crescita annuale del Paese sarebbe più forte del 2,4%, quella in Italia o Francia dello 0,5%, mentre l’aumento del debito tedesco sarebbe appena del 2,5% in dieci anni.

Difficile capire se sono calcoli esatti, ma è l’aria del tempo. Il governo italiano prevede debito e deficit più alti di quanto annunciato fino a pochi mesi, in una cornice internazio­nale che sta evolvendo. Prima il Giappone, poi il G20, infine il Fondo monetario internazio­nale e in parte anche la Commission­e Ue propongono (o accettano) un uso più attivo dei bilanci pubblici. Anche negli Stati Uniti sembra solo questione di tempo, chiunque entrerà alla Casa Bianca nel 2017. È ormai saggezza convenzion­ale che oltre diecimila miliardi di liquidità immessa nelle economie dalle grandi banche centrali non bastino a rianimare i tassi d’inflazione e di crescita. I governi dovranno compiere parte dello sforzo spendendo, investendo, o tagliando le tasse.

Il posto dell’Italia nel perimetro di questa nuova saggezza convenzion­ale resta però una questione diversa. Non è vero in automatico che il Paese a cui fa capo il 10% del debito pubblico del mondo e il 2,4% del reddito, con un’economia cresciuta in media dello 0,46% negli ultimi vent’anni, possa ispirarsi a ciò che si chiede alla Germania di fare. Non lo è, anche se ufficialme­nte è per questa ragione che il governo adesso propone che deficit e debito di fatto non scendano.

Quanto al merito, le ipotesi alla base del progetto di bilancio sembrano fragili. Non è solo che, nella sua succession­e di programmi dal 2014, il Tesoro ha nettamente sbagliato per eccesso dieci volte su dieci le previsioni di crescita per quest’anno e, ormai è certo, anche per il prossimo (Commission­e Ue e Fmi non hanno fatto molto meglio). È anche un’occhiata a come vanno le cose ad alimentare i dubbi. Per centrare la crescita di 0,8% prevista nel 2016 l’economia dovrebbe salire di 0,15% in questo trimestre e nel prossimo, eppure tutti i segnali dai direttori degli acquisti delle imprese, dall’export, dalle costruzion­i, dalla fiducia, dal commercio, dagli ordinativi, e dal calo del credito puntano nell’altro senso: crescita zero, o sotto. In queste condizioni non è scontato che il governo stia fondando il proprio bilancio di quest’anno e del prossimo, almeno per questa volta, su valutazion­i realistich­e.

A sentire le dichiarazi­oni sembrerebb­e invece che tutto si riduca a una disfida con Bruxelles per ottenere più «flessibili­tà», cioè diritto a fare più debito a carico degli italiani. Dato che il confronto con la Commission­e Ue è ormai profondame­nte politico, con il referendum costituzio­nale e lo spauracchi­o delle forze anti-sistema alle porte, non sarebbe strano se alla fine l’Italia riuscisse a passare fra le maglie del Fiscal Compact anche stavolta. Del resto è la stessa struttura bizantina delle regole europee che invita ad aggirarle nel modo più inutile: bonus dopo bonus, distraendo le energie di tutti dal disegno di programmi di investimen­to coerenti, lineari e alla fine efficaci per le prospettiv­e dell’economia.

In fondo il problema è proprio qui: l’impegno a smontare il Fiscal Compact pezzo a pezzo, miliardo dopo miliardo speso a pioggia, sta dando forma a un bilancio costoso ma incapace di aumentare il potenziale di crescita dell’Italia. Si spendono preziose risorse per aumentare le pensioni medio-basse, senza curarsi di conoscere il reddito di ogni famiglia beneficiar­ia. Si sfilaccian­o i vincoli della riforma previdenzi­ale, senza pensare che la povertà da anni si concentra piuttosto fra i giovani.

Certo il Fiscal Compact europeo di fatto non è più un vincolo, ma questo non significa che non ne esistano altri. Quando la Bce rallenterà il suo piano di acquisti di titoli di Stato, e la marea della liquidità calerà appena un po’, non sarà difficile capire chi stava nuotando nudo.

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