Corriere della Sera

«Semiramide» Eroina sensuale e melanconic­a

- Di Gian Mario Benzing

Più che a seno nudo, a cuore nudo: nella Semiramide di Rossini, in scena all’Opera di Firenze nell’edizione firmata nel 2011 dal compianto Luca Ronconi per il San Carlo, tutti quei seni procaci in mostra non sono veri, sono corpetti «a forma di». Simboli, forse, per dire (e questo è vero) quanto nudo sia il cuore dei personaggi in questo arabesco supremo, fatto di dolcezze, attesa di gioia, delitti sepolti e sete di espiazione.

Sulla linea degli affetti, più che il finto seno o i capelli verdi, spicca lo splendore vocale della protagonis­ta, Jessica Pratt, timbro chiaro, potente nell’agilità di arpeggiati staccati e sovracuti. Eroina sensuale e melanconic­a (bello il pianissimo «Gemè, tremò, languì...»), sfatta ma regale nella preghiera; come persa in una ballata erotico-ipnotica nel duetto «Quella ricordati notte di morte», a fianco d’un notevole Assur, Mirco Palazzi, vero e accorato come poi il vibrante Arsace (Silvia Tro Santafé), l’ottimo Coro, pur relegato in buca, e l’Orchestra che, con soavi impasti di legni (già belliniani?), riscatta una direzione poco incline allo slancio.

La visione ronconiana è invece più aspra e metafisica, con la fissità oratoriale delle figure su cubi semoventi, il muro grezzo, la catasta di specchi come detriti del rimorso. E alcune licenze: come fa Arsace, se Semiramide fra i più dolci palpiti lo palpeggia, a non intuirne le mire? E davvero uccide la madre perché bendato dallo spettrale Oroe? Sul quale, peraltro, i blogger di #neverlandO­F hanno lanciato il gioco «A chi somiglia Oroe», allegando su twitter vari mostri. Ma dimentican­do Panoramix...

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