Lati oscuri dell’anima tra sogno e realtà
Il Giro di vite, raffinato romanzo di Henry James, storia «gotica» nell’Inghilterra vittoriana, si sviluppa tra tensioni e paure in un’atmosfera di mistero che rende tutto fluido, perfetto e sfocato al tempo stesso, possibile e irreale.
In un’atmosfera carica di suspence, sempre in attesa che accada qualcosa o che qualcosa sia detto, apparizioni fantasmatiche, e tra sogno, realtà e finzione si palesano sensualità morbose, orribili intimità, lati oscuri dell’anima, vergognose verità delle coscienze.
Nella regia di Valter Malosti di Giro di vite - Concerto di fantasmi, da Henry James (visto al Teatro i, Milano), la protagonista, l’istitutrice che accudisce due bambini orfani e nipoti di un ricco signore che non vuole occuparsene, è seduta su una poltrona, in costume nero '800, immobile; davanti a lei due microfoni, uno per la voce dell’istitutrice e di tutti gli altri personaggi, e l’altro distorto per le voci dei bimbi.
Un difficile esercizio, cui Irene Ivaldi con grande tensione adempie, ma che sembra concretare la trama, appiattendo la storia, perdendo ambiguità e mistero. Come se la trama diventasse oggettiva, preminente e l’essenza della storia che sta nel non detto, nel non scritto, nell’evocato, venisse soffocato.