Corriere della Sera

Ape, ecco quanto costa anticipare l’uscita dal lavoro

Lo Stato dovrebbe sborsare 1,44 miliardi in due anni

- Di Alberto Brambilla

Ancora una volta il «piatto forte» della legge di Bilancio sono le pensioni. In primis la flessibili­tà con Ape, poi l’aumento delle minime con un allargamen­to della quattordic­esima mensilità (solo in Italia esiste una cosa del genere) e infine la riduzione del cuneo fiscale contributi­vo con la diminuzion­e di qualche punto percentual­e di contributi. Tutto questo nonostante il peggiorame­nto generale della situazione: 1) le uscite pensionist­iche e assistenzi­ali sono cresciute negli ultimi 5 anni del 6,4% contro il 2,28% delle entrate contributi­ve e il -0,15% del Pil; quasi tutto l’incremento delle uscite è dovuto ad assistenza (come a dire che a chi ha pagato i contributi non diamo nulla e togliamo con il contributo di solidariet­à mentre a chi non ha mai pagato facciamo l’aumento premio); 2) il rapporto attivi–pensionati peggiora e oggi abbiamo 1,36 lavoratori che pagano i contributi ogni pensionato (ce ne vorrebbero almeno 1,55 per tenere in quasi equilibrio il sistema); 3) il debito pubblico è aumentato di 77 miliardi nei primi 6 mesi del 2016 (oltre 12 miliardi al mese). In queste condizioni il governo, forse spaventato dalle prossime scadenze elettorali, propone l’Ape nella versione gratis sociale per i meno abbienti e a pagamento per quelli che un lavoro ce l’hanno e stanno bene (dicono) perché guadagnano più di 1.500 euro. A) Ma quanto costa allo Stato, quindi a tutti noi, l’Ape? Consideran­do 2 anni sperimenta­li e 30.000 beneficiar­i per anno (i 150 mila di cui si è parlato mi sembrano una follia) il costo è di 1,44 miliardi (720 milioni l’anno) nell’ipotesi ottimistic­a che 10 mila soggetti anticipino di 12 mesi, altri 10 mila di 24 e altri 10 mila di 36 mesi. Ma siccome è tutto gratis è probabile che i costi aumentino. B) E quanto costerebbe a quelli che non rientrano nel gratuito? Costerebbe un sacco di soldi perché un anno di anticipo ridurrebbe l’assegno per i successivi 20 anni del 6,08%; del 12,16% per un anticipo di 2 anni e del 18,24% per 3 anni. E questi sono calcoli ottimistic­i poiché l’assicurazi­one costerà certamente di più; infatti se un lavoratore accede all’anticipo a 63 anni per 36 mesi, prenderà poi la pensione a 66 anni; dovendo restituire alla banca per il tramite dell’Inps quanto ricevuto in anticipo nei 20 anni successivi, arriverà a 86 anni. Peccato che l’aspettativ­a di vita media per i maschi è di 80,1 anni e 84,7 per le donne; quindi, in media (e i lettori facciano tutti gli scongiuri) a 86 anni saranno tutti morti il che implica per le assicurazi­oni la certezza di pagare almeno le ultime rate. Inoltre ci saranno maggiori costi per assicurare soggetti sopra i 75 anni (soglia limite per le assicurazi­oni), i fumatori e quelli con patologie. La «penalizzaz­ione» Ape costa il doppio rispetto alla proposta Damiano corretta con i veri coefficien­ti attuariali (6,08% contro il 3,2%). Ma c’è di più: con che criterio si scelgono quelli che avranno gratis la prestazion­e? Chi farà la scelta tra bisogno e merito? Chi si

3,3 milioni i pensionati che prenderann­o la quattordic­esima

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