Corriere della Sera

Alain lascia il calcio per la moglie «Soffriva, le ho donato un rene»

La scelta di Schiratti, centravant­i dell’Amaro (Udine): il suo sorriso vale tutto

- di Andrea Pasqualett­o

Lui in campo, centravant­i da 15 gol a stagione. Lei sugli spalti e fra le panchine, appassiona­ta tifosa e fotografa dell’Amaro che nel campionato di calcio Carnico si difende con onore da circa sessant’anni. La seconda categoria non è esattament­e la seria A e il quarantune­nne Alain Schiratti, falegname di profession­e, non è Francesco Totti. «Ma il pallone è per noi un bel pezzo di vita perché anche Cristina giocava», dice Alain che proprio oggi riprende a lavorare fra colle e segature. Riprende dopo un grande gesto d’amore: il 23 agosto ha donato a sua moglie, sofferente, un rene. E donandolo ha salutato la sua grande passione. «Non avrei mai immaginato di smettere di giocare per questo motivo ma rifarei tutto senza battere ciglio. Il suo volto felice vale più di mille gol. È tornata anche a guidare».

La vicenda di Cristina e Alain è profonda e delicata come certe storie di gente semplice. Si conobbero in una discoteca nel 1999, lui giovane operaio a Buja, lei trentunenn­e aiutante d’asilo sempre nel Friuli paesano dell’entroterra di Udine. Non un colpo di fulmine ma un innamorame­nto cementato nel tempo e dal matrimonio. Fino a quando, un anno fa, la salute di Cristina ha preso a scricchiol­are seriamente. «Problemi renali ne ha sempre avuti, ma in quel periodo mia moglie ha cominciato con la dialisi e a stancarsi molto».

Cristina aveva bisogno di un rene nuovo. «Tornata da una visita a Treviso, una sera mi disse che poteva fare il trapianto d’organo anche da persona vivente. Non ci ho pensato due volte: te lo do io». C’era il problema della compatibil­ità e c’era quello delle perplessit­à di Cristina. «Non voleva danneggiar­mi ma al tempo stesso mi diceva che io ero l’unica persona dalla quale avrebbe accettato il trapianto». Alain cercava di rassicurar­la

in tutti i modi: «Ma guarda che non mi cambia niente, le dicevo. Farò una vita normale, anzi, sarà anche più bella se tu stai bene». Alla fine l’ha convinta. «Non smetteva di chiedere ai dottori cosa sarebbe successo a me: quali problemi, se potevo tornare a giocare...». Superate le varie visite, accertata la compatibil­ità, il 22 agosto scorso sono entrati insieme all’ospedale di Udine. «Lei al padiglione 8 in nefrologia, io al 15 in chirurgia. Quella sera ci siamo salutati facendo una piccola festa con fratelli e sorelle anche per sdrammatiz­zare. Cristina era molto tesa... A proposito, vorremmo ringraziar­e tutti i dottori, anche quelli di Gemona». Dopo l’intervento, passati quattro giorni e qualche acciacco, l’incontro più palpitante. «Appena ho potuto sono andato da lei, a piedi, non vedevo l'ora. Quando mi ha sorriso al di là del vetro ho provato una gioia immensa».

Il resto è storia delle ultime settimane. Con Cristina che muove i primi passi, che esce dall’ospedale, che inizia a togliere di tanto in tanto la mascherina. E Alain che cerca di tornare alla sua forma. «Una nuova, bella normalità, anche se non potrò più strapazzar­mi troppo». Ha già ripreso a segare e piantare chiodi. Per lei i tempi saranno più lunghi, ci vorrà forse un anno.

Irresistib­ile e fatale, la partita dell’Amaro. «Domenica scorsa giocava in casa, siamo andati a salutare tutti, una grande emozione». Il sogno di Alain? «Che Cristina viva come una donna normale, che non si stanchi subito. Anche una crociera per il ventesimo di matrimonio. E magari tornare a giocare qualche minuto con l’Amaro, un destro a giro, un gol dal limite, con Cristina a fare una bella foto dal campo».

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In campo Alain Schiratti, in maglia blu, centravant­i dell’Amaro nel campionato Carnico

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