Corriere della Sera

Perché le donne Procedono nella carriera meno dei colleghi e anche tra chi va avanti non fanno i capi poche gestiscono business Un dossier spiega i motivi

- Di Maria Silvia Sacchi

Wow! Mi promuovono. Però... Però, anche se faccio le stesse cose di Piero che sta nella stanza accanto lo stipendio non sarà lo stesso.

E, poi... Se i bambini hanno bisogno? Ha senso mettere la vita a soqquadro per fare un passo in più? Forse, chissà.

La linea di partenza li/le vede in 100: 54 uomini e 46 donne. Ma quando arrivano in fondo, alle cariche più ambite di un’azienda, quelle di chi ha in mano le decisioni vitali, i 100 «concorrent­i» iniziali sono diventati 81 uomini e 19 donne; e non perché abbiano cambiato sesso (non nel senso tecnico del termine, almeno). È che le altre donne si sono perse per strada: a ogni gradino da salire qualcuna è rimasta giù, sostituita da un uomo.

Un po’ anche per colpa delle donne. Meglio, per i loro sensi di colpa, per la sensazione di non potercela fare, conseguenz­a di comportame­nti e stereotipi che continuano ad agire in tutti e tutte. «A ogni livello le donne sono meno interessat­e a diventare top executive e chi ne ha la volontà è meno convinta degli uomini di potercela fare», dice uno studio di McKinsey pubblicato in questi giorni. Ultimo di una serie di analisi stilate da varie organizzaz­ioni e istituti che da tempo indagano il rapporto tra donne e lavoro per cercare di vedere i cambiament­i e che, puntualmen­te, mettono in luce le disparità e la lentezza nel cammino verso la parità. A meno che non vi siano forzature volute, come ha evidenziat­o il recente studio di Credit Suisse secondo il quale sono tutti in Europa i Paesi con la maggior presenza di donne in cda e l’Italia è al quarto posto. Ma in Europa sono le leggi che assicurano le quote di genere.

Il rapporto McKinsey si intitola Women in the workplace e analizza la situazione americana per aiutare le aziende a mettere in campo le misure necessarie a promuovere il talento, e le conseguent­i carriere, femminili. Nonostante si parli di una realtà avanzata e dove le donne hanno in gran parte smesso di farsi condiziona­re da attività domestiche come la cura della casa, che occupa molto del tempo giornalier­o extra lavoro censito ogni anno dall’Istat, la situazione non cambia. Alla base del mancato arrivo al vertice c’è anche la scelta del percorso di carriera: le donne preferisco­no (o in questi campi riescono a essere promosse) le cosiddette «funzioni di staff», ovvero di supporto all’attività aziendale come il legale, le risorse umane o l’informatio­n technology, piuttosto che le «funzioni di linea», quelle in cui si è responsabi­li di un conto economico o di un business (che sono la via maestra per diventare capoaziend­a). A vivere la condizione peggiore sono le donne di colore: la scala di chi ha maggiori possibilit­à di carriera le vede ultime, nonostante rappresent­ino un quinto della popolazion­e Usa. Al vertice i maschi bianchi, seguiti da maschi di colore, donne bianche e donne di colore.

Le conquiste, insomma, non vanno date per scontate e non bisogna smettere di battere sul tema. Anche a costo di essere bollate come rompiscato­le: le donne che insistono per avere una promozione, dice McKinsey, hanno il 30% di possibilit­à in più di ricevere una valutazion­e negativa sul proprio carattere. Ma aumentano del 54% le chance di essere promosse. E a questo si deve guardare: il risultato.

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