Corriere della Sera

Schweitzer, san Francesco luterano Una concezione integrale del «rispetto per la vita» che coinvolge anche animali e piante

- Di Paolo Ricca

«Rispetto per la vita» è il cuore del pensiero e della vita di Albert Schweitzer, nato in Alsazia nel 1875, morto a 90 anni nel 1965, premio Nobel per la pace nel 1954. Pur avendo davanti a sé una brillante carriera universita­ria (era un teologo di rango), vi rinunciò e nel 1913 parti per l’Africa equatorial­e (di allora! Molto diversa da quella di oggi! È passato più di un secolo) e fondò un ospedale a Lambaréné, dove trascorse tutta la vita curando gli africani. Perciò fu chiamato «medico della giungla». In realtà fu e potrebbe ancora essere «medico della coscienza europea», per guarirla da una sua antica, oscura e temibile malattia mortale: la malattia del colonialis­mo, della violenza e della guerra, a cominciare dalla guerra agli animali, e insegnarle appunto il «rispetto per la vita» degli altri.

Era figlio di un pastore protestant­e (luterano), fu egli stesso pastore luterano e, pur diventando medico ed esercitand­o

questa profession­e per tutta la vita, restò sempre pastore e predicator­e evangelico. Ma che cosa c’è dietro questo suo programma del «rispetto per la vita»? Diciamo anzitutto che questa espression­e traduce solo in parte l’espression­e tedesca che ne è alla base: Ehrfurcht vor dem Leben, letteralme­nte: «timore sacro (o reverenzia­le) davanti alla vita», che è qualcosa di diverso e di più del semplice «rispetto» (che comunque è già molto). L’idea è che davanti alla vita ti devi fermare, non la puoi violare, non le puoi mettere le mani addosso, non puoi disporne a tuo piacimento, non ti appartiene, è qualcosa di infinitame­nte più grande di te, un mistero che ti trascende, di cui ignori il significat­o e il valore.

Da dove nasce il «rispetto per la vita»? Nasce da una doppia radice, una cristiana, l’altra indiana. Quella cristiana ha a che fare con Gesù e la sua attesa del Regno di Dio vicino (così lo chiama) che egli pensava sarebbe giunto ancora nella sua generazion­e. Il Regno non è venuto e in questo Gesù si è sbagliato, ma l’etica del Regno che egli ha messo in moto ed ha lui per primo messo in pratica è, secondo Schweitzer, valida in ogni tempo e per tutte le generazion­i, più che mai per la nostra. Questa etica è scritta nel Sermone sulla Montagna dell’evangelist­a Matteo, nei capitoli da 5 a 7. Essa comporta la scelta nonviolent­a e addirittur­a l’amore per i nemici. Su questa matrice cristiana s’innesta quella indiana, che Schweitzer scoprì studiando da vicino i grandi pensatori dell’India.

Fu però in Africa che l’idea gli venne, quasi come una folgorazio­ne, durante un viaggio sul fiume, com’egli stesso raccontò in seguito più volte.

Quali sono i contenuti essenziali del «rispetto per la vita», nel quale si fondono l’etica e la religione, e che nasce dalla consapevol­ezza elementare che ciascuno di noi è innanzitut­to «vita che vuole vivere, in mezzo ad altre vite che anch’esse vogliono vivere»? I contenuti sono questi.

1) La vita è sacra. Dono supremo (noi la possiamo trasmetter­e, non la possiamo creare; siamo creature, non creatori), ma anche estremamen­te vulnerabil­e, che è affidato alle nostre mani. Fatti e valori La legge in natura è: «mors tua vita mea». Solo l’uomo, sul piano etico, può arrivare a mutarlo in «vita tua vita mea» Somma responsabi­lità che deve suscitare in noi un «timore sacro (o reverenzia­le)» davanti allo straordina­rio e inviolabil­e fenomeno della vita.

2) Ogni vita è sacra. «L’uomo è morale — dice Schweitzer — soltanto quando considera sacra la vita in sé, quella delle piante e degli animali, tanto quanto quella degli esseri umani, e si sforza di soccorrere ogni vita che si trovi in difficoltà, nella misura del possibile». Schweitzer si pone in tutto e per tutto nella linea di Francesco d’Assisi, che egli molto ammirava.

3) «Rispetto per la vita» non è un atteggiame­nto contemplat­ivo, ma una forza interiore che motiva l’agire etico e mobilita la volontà a porsi al servizio della vita degli altri. «Come l’elica vorticosa spinge la nave attraverso le acque, così il rispetto per la vita spinge l’uomo ad agire».

4) Il «rispetto per la vita» non solo responsabi­lizza l’uomo in vista dell’azione, ma lo pone in un rapporto spirituale con il mondo. «Solo un’etica dai vasti orizzonti che ci imponga di rivolgere la nostra attenzione operosa a tutti gli esseri viventi ci pone davvero in un rapporto interiore con l’universo e con la volontà che in esso si manifesta». La natura non conosce il rispetto per la vita: la legge, in natura, è: mors tua vita mea. Solo l’uomo eticamente motivato è capace di praticare il rispetto per la vita, in modo che la legge diventi: vita tua vita mea.

5) Il rispetto per la vita è l’unico atteggiame­nto che corrispond­e pienamente all’essere dell’uomo e alla sua vocazione nel creato. Vivendo l’etica del rispetto per la vita l’uomo realizza la sua umanità, raggiunge veramente la sua statura di uomo, si umanizza compiutame­nte. Non umanizza dunque solo la natura, ma umanizza in primo luogo se stesso.

Tutto questo — Schweitzer lo dice e ripete innumerevo­li volte nei suoi interventi — vale anche e particolar­mente per la vita degli animali, i più vicini a noi tra tutti gli esseri viventi, dei quali, come voleva Francesco d’Assisi, dobbiamo diventare fratelli, e non essere padroni.

Riferiment­i culturali Questa visione ha una doppia radice: in parte deriva dal Vangelo di Matteo e in parte dai grandi pensatori indiani

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Albert Schweitzer (1875-1965) durante il suo lungo soggiorno in Africa. Teologo, medico e musicista, dopo il 1913 Schweitzer dedicò la sua vita ad aiutare gli ammalati più poveri
Medico Albert Schweitzer (1875-1965) durante il suo lungo soggiorno in Africa. Teologo, medico e musicista, dopo il 1913 Schweitzer dedicò la sua vita ad aiutare gli ammalati più poveri
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