Corriere della Sera

Luoghi comuni sotto esame sul «Mulino»

- Di Antonio Carioti

Le ricette preconfezi­onate non soddisfano i collaborat­ori del «Mulino». Così sul nuovo numero della rivista diretta da Michele Salvati, in buona parte dedicato al referendum costituzio­nale, troviamo anche due interventi, peraltro d’impostazio­ne culturale differente, che criticano alla radice concetti comunement­e accettati.

Il primo è l’idea che, per uscire dai guai, l’Unione Europea debba andare verso l’integrazio­ne politica. Angelo Panebianco la pensa all’opposto: dato che la maggioranz­a degli elettori nei Paesi Ue, già prima della Brexit, ha dimostrato di non desiderare un vero Stato federale, proseguire in quella direzione significa delegittim­are le istituzion­i comunitari­e e tirare la volata alle forze nazionalis­te. In alternativ­a Panebianco propone un «piano B», non un passo avanti, ma un passo di lato. Ridisegnar­e l’Europa come una confederaz­ione di Stati sovrani, quale peraltro in larga misura è tuttora, può consentire di preservare quanto di buono (ed è molto) si è prodotto negli anni. L’ostacolo maggiore a tale soluzione, oltre all’inerzia delle classi dirigenti, è l’esistenza della moneta unica, sulla cui sorte il politologo si mostra pessimista, perché «ciò che serve per mettere in sicurezza l’euro, a cominciare da una politica fiscale comune, è irrealizza­bile».

Bisogna allora sperare che la crisi, afferma Panebianco, diventi «un’opportunit­à di cambiament­o», anche perché alle difficoltà economiche si aggiunge la sfida del terrorismo islamico: l’impotenza delle istituzion­i comunitari­e in fatto di sicurezza è evidente da sempre, mentre forse si può fare di meglio lavorando «con metodo intergover­nativo» in stretto raccordo con gli Stati Uniti.

Qui, sul terreno della sicurezza, veniamo al secondo concetto messo in discussion­e dal «Mulino» e per la precisione dal giurista Mauro Barberis, che firma un intervento assai severo verso la retorica dell’emergenza dilagante in Occidente dopo le ultime azioni jihadiste. A suo avviso le misure adottate dai governi hanno un prevalente carattere mediatico e spettacola­re, ma contribuis­cono ben poco a proteggere il cittadino comune, mentre rafforzano l’esecutivo e le sue emanazioni. Il rischio è che l’effetto principale della guerra al terrorismo, nota Barberis, sia realizzare «inaudite concentraz­ioni di risorse e potere in soggetti diversi da quelli contemplat­i dalle Costituzio­ni».

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