Luoghi comuni sotto esame sul «Mulino»
Le ricette preconfezionate non soddisfano i collaboratori del «Mulino». Così sul nuovo numero della rivista diretta da Michele Salvati, in buona parte dedicato al referendum costituzionale, troviamo anche due interventi, peraltro d’impostazione culturale differente, che criticano alla radice concetti comunemente accettati.
Il primo è l’idea che, per uscire dai guai, l’Unione Europea debba andare verso l’integrazione politica. Angelo Panebianco la pensa all’opposto: dato che la maggioranza degli elettori nei Paesi Ue, già prima della Brexit, ha dimostrato di non desiderare un vero Stato federale, proseguire in quella direzione significa delegittimare le istituzioni comunitarie e tirare la volata alle forze nazionaliste. In alternativa Panebianco propone un «piano B», non un passo avanti, ma un passo di lato. Ridisegnare l’Europa come una confederazione di Stati sovrani, quale peraltro in larga misura è tuttora, può consentire di preservare quanto di buono (ed è molto) si è prodotto negli anni. L’ostacolo maggiore a tale soluzione, oltre all’inerzia delle classi dirigenti, è l’esistenza della moneta unica, sulla cui sorte il politologo si mostra pessimista, perché «ciò che serve per mettere in sicurezza l’euro, a cominciare da una politica fiscale comune, è irrealizzabile».
Bisogna allora sperare che la crisi, afferma Panebianco, diventi «un’opportunità di cambiamento», anche perché alle difficoltà economiche si aggiunge la sfida del terrorismo islamico: l’impotenza delle istituzioni comunitarie in fatto di sicurezza è evidente da sempre, mentre forse si può fare di meglio lavorando «con metodo intergovernativo» in stretto raccordo con gli Stati Uniti.
Qui, sul terreno della sicurezza, veniamo al secondo concetto messo in discussione dal «Mulino» e per la precisione dal giurista Mauro Barberis, che firma un intervento assai severo verso la retorica dell’emergenza dilagante in Occidente dopo le ultime azioni jihadiste. A suo avviso le misure adottate dai governi hanno un prevalente carattere mediatico e spettacolare, ma contribuiscono ben poco a proteggere il cittadino comune, mentre rafforzano l’esecutivo e le sue emanazioni. Il rischio è che l’effetto principale della guerra al terrorismo, nota Barberis, sia realizzare «inaudite concentrazioni di risorse e potere in soggetti diversi da quelli contemplati dalle Costituzioni».