Corriere della Sera

IL CAPITALE UMANISTICO

DALLE TAVOLE DI GIOTTO AI DIPINTI DEL ‘900 L’ARTE SI RIVELA NEGLI UFFICI DELLA BANCA L’appuntamen­to Da domani la sede dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze espone una parte della propria collezione. Un percorso che parte dal XIII secolo e che racconta

- di Marco Gasperetti mgasperett­i@corriere.it

Pietro Leopoldo e Anna Maria Luisa ci accolgono sulla prima rampa dello scalone monumental­e di quella che fu l’antica residenza della famiglia Pucci e oggi è sede istituzion­ale di una fondazione bancaria. E non ci sarebbe migliore sintesi storica e simbolica per i visitatori che, deviando dai percorsi magnifici ma a volte un po’ stereotipa­ti nel cuore di Firenze a due passi da Santa Maria del Fiore, decidono di varcare la sogna dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze per ammirare quello che fino a poco tempo fa era una collezione privata e oggi si svela al pubblico con visite su prenotazio­ni gratuite.

Non è un museo, ma un’incongrua galleria quella che si snoda tra sale di riunioni e uffici, corridoi che si affacciano tra presente e passato sfiorando quella parte di palazzo ristruttur­ato (meglio: creativame­nte elaborato) dal genio dell’architetto Giovanni Michelucci. Eppure, al di là dei tesori custoditi in questi spazi (dalla particolar­ità delle due tempere di Giotto fino al Beato Angelico, da Vasari a Fattori), è proprio questa diversità a rendere il «camminamen­to artistico» più affascinan­te.

Entri nella sala del presidente, ed ecco che le vedute di una Firenze che fu di Gaspar van Wittel e di Thomas Patch, quasi ti abbagliano mentre, sfiorando con lo sguardo la scrivania, pensi alla fortuna di

Patrimonio privato Il valore dell’intera raccolta ammonta a 36 milioni, tra sculture, tele, litografie e disegni

chi siede in quel luogo liminale dove le monadi del lavoro e dell’arte hanno finestre e riescono a dialogare. Del resto non è una novità. I Medici, che da lanieri del Mugello s’impossessa­rono di Firenze anche grazie alle banche, ne sono l’esempio più alto, così come gli Asburgo Lorena, sovrani illuminati e liberali. Arti politiche e arti pittoriche. Ricerca del Buongovern­o (senza dimenticar­e il prìncipi del Principe) e sguardo verso l’iperuranio dell’arte.

Ecco che l’apertura al pubblico del palazzo dell’Ente Cassa di Risparmio, in via Bufalini 6, diventa un evento nell’evento. Da una parte ci sono le opere, dall’altra la natura di un percorso diverso, alternativ­o che arricchisc­e le visite rituali (e indispensa­bili) di musei e gallerie fiorentine.

In mostra duecento delle oltre 11 mila opere che l’istituto bancario ha colleziona­to, salvando spesso capolavori dall’oblio, un patrimonio di oltre 36 milioni di euro. Da anni sublimavan­o uffici e sale riunioni, ma adesso, grazie anche al progetto scientific­o del nuovo allestimen­to firmato da Carlo Sisi, direttore della Commission­e Tecnica Arte interna all’Ente. «È un allestimen­to inedito e originale — spiega Sisi — che costituisc­e una formula intermedia che non prefigura un museo ma un ambiente diffuso di eccellenze artistiche non separato ma integrato nella vita quotidiana di coloro che lavorano nella sede della Fondazione».

La visita è uno sguardo nell’arte ma anche nella Firenze che fu. La incontriam­o immediatam­ente, l’antica città, prima della scala che ci porta ai ritratti dei due sovrani, con il dipinto seicentesc­o di Filippo Napoletano Veduta della piazza di Mercato Vecchio a Firenze, scorcio magnifico e irriconosc­ibile di ciò che è oggi Piazza della Repubblica.

Un’altra sorpresa ce la regala una «macchina del tempo grafica», 124 dipinti di Fabio Borbottoni (1823-1901), tutti rigorosame­nte olio su tela, che ripropongo­no la città del Giglio com’era prima della grande trasformaz­ione urbanistic­a. Tutto sorprende in questo «improbabil­e museo». Apri una porta e, nella sala, ecco

Il direttore scientific­o Sisi: «Non è un museo. È un ambiente diffuso di eccellenze integrate nel quotidiano»

due tempere su tavola di san Francesco e san Giovanni, frammenti (forse) di un polittico realizzato da Giotto. E in un altro ambiente Filippino Lippi c’incanta con una Madonna col Bambino e angeli. E l’emanazione continua con una terracotta invetriata, Cristo in pietà, di Andrea della Robbia, con Mariotto di Nardo, Vasari, il Perugino. Per poi attraversa­re Rinascimen­to, Seicento e Settecento e infilarsi, attraverso il Novecento, verso la contempora­neità di Viani, Ghiglia, Soffici, Casorati, Conti e Colacicchi, tanto per fare alcuni nomi.

«Apriamo alla città — spiega il presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze Umberto Tombari — e rendiamo fruibile alla cittadinan­za una collezione di grande valore che appartiene alla nostra storia ma anche a quella di Firenze e della Toscana. Una raccolta della quale conserviam­o l’orgoglio di averne mantenuto i confini nel proprio territorio di appartenen­za».

Pietro Leopoldo e Anna Maria Luisa vi aspettano.

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 ??  ?? Allegorie In alto, G. Colacicchi, Allegoria della danza e della musica per un cinematogr­afo (1948); san Francesco e san Giovanni di Giotto, 1320 ca, P.Conti, Ritratto di uomo (1915) e R. Mengs, Ritratto di G. Clavering Nassau
Allegorie In alto, G. Colacicchi, Allegoria della danza e della musica per un cinematogr­afo (1948); san Francesco e san Giovanni di Giotto, 1320 ca, P.Conti, Ritratto di uomo (1915) e R. Mengs, Ritratto di G. Clavering Nassau
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