IL CAPITALE UMANISTICO
DALLE TAVOLE DI GIOTTO AI DIPINTI DEL ‘900 L’ARTE SI RIVELA NEGLI UFFICI DELLA BANCA L’appuntamento Da domani la sede dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze espone una parte della propria collezione. Un percorso che parte dal XIII secolo e che racconta
Pietro Leopoldo e Anna Maria Luisa ci accolgono sulla prima rampa dello scalone monumentale di quella che fu l’antica residenza della famiglia Pucci e oggi è sede istituzionale di una fondazione bancaria. E non ci sarebbe migliore sintesi storica e simbolica per i visitatori che, deviando dai percorsi magnifici ma a volte un po’ stereotipati nel cuore di Firenze a due passi da Santa Maria del Fiore, decidono di varcare la sogna dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze per ammirare quello che fino a poco tempo fa era una collezione privata e oggi si svela al pubblico con visite su prenotazioni gratuite.
Non è un museo, ma un’incongrua galleria quella che si snoda tra sale di riunioni e uffici, corridoi che si affacciano tra presente e passato sfiorando quella parte di palazzo ristrutturato (meglio: creativamente elaborato) dal genio dell’architetto Giovanni Michelucci. Eppure, al di là dei tesori custoditi in questi spazi (dalla particolarità delle due tempere di Giotto fino al Beato Angelico, da Vasari a Fattori), è proprio questa diversità a rendere il «camminamento artistico» più affascinante.
Entri nella sala del presidente, ed ecco che le vedute di una Firenze che fu di Gaspar van Wittel e di Thomas Patch, quasi ti abbagliano mentre, sfiorando con lo sguardo la scrivania, pensi alla fortuna di
Patrimonio privato Il valore dell’intera raccolta ammonta a 36 milioni, tra sculture, tele, litografie e disegni
chi siede in quel luogo liminale dove le monadi del lavoro e dell’arte hanno finestre e riescono a dialogare. Del resto non è una novità. I Medici, che da lanieri del Mugello s’impossessarono di Firenze anche grazie alle banche, ne sono l’esempio più alto, così come gli Asburgo Lorena, sovrani illuminati e liberali. Arti politiche e arti pittoriche. Ricerca del Buongoverno (senza dimenticare il prìncipi del Principe) e sguardo verso l’iperuranio dell’arte.
Ecco che l’apertura al pubblico del palazzo dell’Ente Cassa di Risparmio, in via Bufalini 6, diventa un evento nell’evento. Da una parte ci sono le opere, dall’altra la natura di un percorso diverso, alternativo che arricchisce le visite rituali (e indispensabili) di musei e gallerie fiorentine.
In mostra duecento delle oltre 11 mila opere che l’istituto bancario ha collezionato, salvando spesso capolavori dall’oblio, un patrimonio di oltre 36 milioni di euro. Da anni sublimavano uffici e sale riunioni, ma adesso, grazie anche al progetto scientifico del nuovo allestimento firmato da Carlo Sisi, direttore della Commissione Tecnica Arte interna all’Ente. «È un allestimento inedito e originale — spiega Sisi — che costituisce una formula intermedia che non prefigura un museo ma un ambiente diffuso di eccellenze artistiche non separato ma integrato nella vita quotidiana di coloro che lavorano nella sede della Fondazione».
La visita è uno sguardo nell’arte ma anche nella Firenze che fu. La incontriamo immediatamente, l’antica città, prima della scala che ci porta ai ritratti dei due sovrani, con il dipinto seicentesco di Filippo Napoletano Veduta della piazza di Mercato Vecchio a Firenze, scorcio magnifico e irriconoscibile di ciò che è oggi Piazza della Repubblica.
Un’altra sorpresa ce la regala una «macchina del tempo grafica», 124 dipinti di Fabio Borbottoni (1823-1901), tutti rigorosamente olio su tela, che ripropongono la città del Giglio com’era prima della grande trasformazione urbanistica. Tutto sorprende in questo «improbabile museo». Apri una porta e, nella sala, ecco
Il direttore scientifico Sisi: «Non è un museo. È un ambiente diffuso di eccellenze integrate nel quotidiano»
due tempere su tavola di san Francesco e san Giovanni, frammenti (forse) di un polittico realizzato da Giotto. E in un altro ambiente Filippino Lippi c’incanta con una Madonna col Bambino e angeli. E l’emanazione continua con una terracotta invetriata, Cristo in pietà, di Andrea della Robbia, con Mariotto di Nardo, Vasari, il Perugino. Per poi attraversare Rinascimento, Seicento e Settecento e infilarsi, attraverso il Novecento, verso la contemporaneità di Viani, Ghiglia, Soffici, Casorati, Conti e Colacicchi, tanto per fare alcuni nomi.
«Apriamo alla città — spiega il presidente dell’Ente Cassa di Risparmio di Firenze Umberto Tombari — e rendiamo fruibile alla cittadinanza una collezione di grande valore che appartiene alla nostra storia ma anche a quella di Firenze e della Toscana. Una raccolta della quale conserviamo l’orgoglio di averne mantenuto i confini nel proprio territorio di appartenenza».
Pietro Leopoldo e Anna Maria Luisa vi aspettano.