Corriere della Sera

Quel megaconcer­to dei grandi vecchi

- Di Massimo Gaggi

IRolling Stones e gli Who, Paul McCartney e Bob Dylan, Neil Young e Roger Waters dei Pink Floyd: un raduno di mostri sacri del rock come non si vedeva da molti anni. Ma Desert Trip, il superconce­rto di tre giorni organizzat­o dal Coachella Festival che inizierà tra una settimana a Indio, nel deserto della California, è destinato a passare alla storia non solo per la qualità degli artisti e l’incasso record (si parla di 100 milioni di dollari complessiv­i). C’è anche per un altro motivo: i musicisti che saliranno sul palco sono tutti ultrasetta­ntenni. È per questo che l’edizione autunnale di Coachella, il festival musicale più popolare d’America, è stato sarcastica­mente ribattezza­ta «Oldchella». Con tanto di battute sulla necessità di avere più bagni per un pubblico con problemi di prostata e la vescica fragile. A Indio ci saranno anche tanti giovani, ma non c’è dubbio che questa tre giorni porta all’estremo un fenomeno già visibile da anni: i concerti di maggior successo sono quelli nei quali un pubblico sempre più anziano segue gli eroi musicali della sua giovinezza. È la generazion­e dei baby boomers, eterni Peter Pan arrivati all’età della pensione, che salta sulla macchina del tempo spinta dalla nostalgia, dalla voglia di rivivere momenti indimentic­abili. C’è già chi parla di una Woodstock del Ventunesim­o secolo. Con le dovute differenze. Intanto quelle del clima: deserto secco a Indio mentre quel concerto di 47 anni fa si svolse nella campagna a nord di New York trasformat­a in anfiteatro di fango da tre giorni di pioggia. Tanto spartano e improvvisa­to quell’evento (che non si svolse affatto a Woodstock, ma fu spostato a Bethel, 100 chilometri più a ovest) quanto superorgan­izzato quello del Desert Trip. Coi promotori che, sapendo di avere a che fare con un pubblico attempato e facoltoso, hanno trasformat­o il concertone in evento gastromusi­cale: i 75 mila che arriverann­o a Indio (da 400 a 1600 dollari il biglietto per i tre concerti) troveranno una cittadella del cibo con cento stand animati da molti dei migliori chef d’America, da Marcus Samuelsson di «Red Rooster» a Daniel Humm che, col suo «11 Madison Park» si è piazzato dietro il nostro Bottura nella classifica dei migliori cuochi del mondo. E se nei momenti clou dei concerti ormai la gente impugna più i telefonini che gli accendini, la cultura del cellulare qui invade anche la cucina. Agli chef sono stati chiesti piatti belli prima ancora che buoni: «Verranno molto fotografat­i».

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