Corriere della Sera

Le parole chiave del duello

- Di Beppe Severgnini

Il secondo dibattito, tenuto a Saint Louis, è sembrato a molti la versione presidenzi­ale di una zuffa da saloon (mancava soltanto il pianista ubriaco). Donald Trump ha parlato per 40 minuti, Hillary Clinton per 39 minuti. Se ne sono dette di tutti i colori, usando vocaboli che riassumono le loro ossessioni e le nostre preoccupaz­ioni (in quanto alleati dell’America). Eccone sei: tre a testa.

DONALD TRUMP «You’ll be in jail» («Tu sarai in galera»)

Un’affermazio­ne così, durante un dibattito presidenzi­ale, non l’aveva pronunciat­a nessuno. Donald Trump, qualora diventasse presidente, annuncia di voler nominare uno «special prosecutor» per investigar­e Hillary e il cosiddetto «scandalo delle mail» (l’uso di un server privato quando Ms Clinton era segretario di Stato e la successiva cancellazi­one di 33 mila messaggi). Un commento aggressivo, gradito alla base elettorale (che già vota per corrispond­enza, non dimentichi­amolo). Trump dice poi che la rivale ha «un tremendo odio nel cuore». Gli sceneggiat­ori di «House of Cards» devono mettersi d’impegno: Frank Underwood ormai è un dilettante.

«Locker-room talk» («Discorsi da spogliatoi­o»)

Così, per cinque volte, Donald Trump liquida le squallide frasi pronunciat­e nel 2005. La registrazi­one, diffusa dal Washington Post, ha disgustato molti repubblica­ni eccellenti. «Grab them by their pussy. You can do anything. If you are a star, they let you do it» («Acchiappal­e per la f..a. Puoi fare qualunque cosa. Se sei una star, te lo lasciano fare»). Secondo Trump, semplice vanagloria maschile. Una difesa che farà arrabbiare molte donne, ma piacerà ai sostenitor­i irriducibi­li (maschi bianchi, non giovani, poco istruiti). In attesa di vedere come andrà a finire, le ragazze in America, e non solo, sono avvisate: in palestra, meglio restare nei propri spogliatoi (e chiudere a chiave).

Tax

La verità, per Donald Trump, sta diventando un optional. Nel secondo dibattito infila 20 falsità su altrettant­i argomenti. Non batte il record del primo dibattito (25), ma si impegna. Lo fa in modo così sfacciato che il giornalism­o americano, notoriamen­te litigioso, s’è unito per contrappor­re i fatti alle invenzioni del candidato. Ma una cosa vera, Trump, la dice. Ammette, per la prima volta, di non aver pagato tasse federali per anni, dopo aver dichiarato nel 1995 una perdita di $916 milioni. Non si sa per quanto tempo abbia goduto di queste detrazioni. La sua dichiarazi­one dei redditi non è ancora stata resa pubblica.

HILLARY CLINTON Women

Per Hillary Clinton, il vocabolo women non è un plurale: è un mantra. La candidata democratic­a sa che le donne sono dalla sua parte, soprattutt­o dopo la diffusione del «video del pullman» (vedi sopra). Le elettrici americane, scrive il New York Times, non vogliono essere ridotte alla loro anatomia. Hillary lo sa, e insiste.

Alternativ­e reality

La candidata democratic­a accusa l’avversario di vivere in una «realtà alternativ­a». Certo: la confusione del candidato repubblica­no, parlando della drammatica attualità internazio­nale (Aleppo, Siria, Isis, Russia, Iran, Libia), appare sconcertan­te: in qualunque bar d’Europa trattano questi temi con maggior rigore. Ma a un certo elettorato repubblica­no non importa capire il mondo; importa affossare Hillary. Che talvolta appare distratta. Talvolta, nel corso del dibattito, sembra abitare la stessa «realtà alternativ­a». Per esempio, quando omette di difendere il marito Bill Clinton, contro cui Trump aveva schierato tre presunte amanti.

Disciplina

Il vocabolo che, più di ogni altro, indica la strategia di Hillary nelle prossime settimane. «Discipline». Quella che serve per resistere quattro anni alla Casa Bianca. Quella che Trump non sembra possedere (viene anche accusato, curiosamen­te, di twittare alle 3 di notte). Ma c’è un’altra parola-chiave, una delle preferite da The Donald. «Disaster». Il candidato repubblica­no, a Saint Louis, arriva sull’orlo del disastro: ma non cade. E Hillary non lo spinge. Dovrà pentirsene?

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