Corriere della Sera

Ma il premier è soddisfatt­o: se rompono la colpa è loro

Il capo del governo convinto che la minoranza «abbia perso il treno»

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di modifica dell’Italicum. Una fetta degli oppositori interni era convinta che bisognasse trovare la strada del compromess­o. Poi Bersani, preoccupat­o dalla «concorrenz­a» di Massimo D’Alema, ha spiazzato i suoi con un’intervista al Corriere e quell’accordo non ha visto la luce. Ma tutto il lavorio precedente aveva fatto intuire a Renzi che la Direzione sarebbe finita così come è finita. Senza un redde rationem.

Tanto, quel che in realtà interessav­a al premier non era una tregua a termine, ma «aver tolto dal campo la storia della legge elettorale». Che, secondo il presidente del Consiglio, è un «pretesto per quelli che vogliono la mia testa», e che «in molti casi sono mossi solo da motivi personali». E pur di ottenere questo obiettivo, a giudizio di Renzi, «sono anche pronti a sperare che vinca il No e a dare il Paese in mano a Di Maio».

Nella sua relazione d’apertura alla Direzione del Pd, il premier, però, non usa toni aspri ed evita la polemica diretta anche nei confronti di quel Bersani che ha preannunci­ato il suo No prima della riunione e che poi non è stato seguito da nessuno nel momento del dibattito. Sì perché questo era un altro obiettivo del presidente del Consiglio: dividere la minoranza. «I bersaniani non sono tutti compatti», dice il premier ai collaborat­ori. E infatti la deputata Enza Bruno Bossio in Direzione annuncia il suo Sì alla riforma.

Nella sala della riunione il premier ascolta il dibattito e prende appunti mentalment­e. Gli piace Roberto Giachetti, perché dice quello che lui non può dire esplicitam­ente, e cioè critica la minoranza che, come spiega ai suoi Renzi, «vuole portare avanti il tormentone dell’Italicum e alzare l’asticella in continuazi­one». Apprezza Piero Fassino che «smonta pezzo per pezzo le obiezioni della minoranza all’Italicum». Arrivato al termine del dibattito, Renzi non alza i toni nemmeno nella sua replica. Non vuole la rottura con la minoranza. Anzi. Vuole dimostrare «quanti sono i no pregiudizi­ali». E, comunque, il presidente del Consiglio in quel consesso non sta parlando solo al Partito democratic­o. I suoi interlocut­ori sono anche gli alleati, che Renzi vuole tranquilli­zzare, facendo capire loro che l’Italicum non è intoccabil­e.

E il premier parla pure a Forza Italia: «Noi ci siamo detti disposti alle modifiche sostenute anche dal partito di Berlusconi, adesso saranno in difficoltà a doverci dire ancora di no».

Certo, Renzi non è un ingenuo, perciò sa bene che quella parte della minoranza che lo ha messo nel mirino «arriverà a ufficializ­zare il suo No a ridosso del referendum». Ma sa anche che da ora in poi «nessuno potrà dire che ho rifiutato il dialogo». L’onere di chiudere quella porta dovranno prendersel­o gli altri. Magari quei bersaniani che, come osserva Renzi, «non hanno votato contro in Direzione nemmeno questa volta».

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