Città metropolitane, M5S non vince A Roma pronta la mozione pro Giochi
Raggi (e Appendino) senza maggioranza: asse Pd-centrodestra. Tanti eletti non votano
Con procedure di voto clandestine per il grande pubblico, qualche migliaio di sindaci e di consiglieri comunali ha eletto i «parlamentini» metropolitani di Torino, Milano, Bologna, Roma e Napoli che sostituiscono le assemblee delle vecchie Province cancellate dalla riforma Delrio. A volte ritornano, dunque. Ma stavolta — con le Aree metropolitane — la differenza sta tutta nell’elettorato attivo: non votano più i cittadini ma chi una carica già ce l’ha, secondo uno schema che assomiglia molto al futuro Senato immaginato dalla riforma costituzionale RenziBoschi.
Anche con l’elezione di secondo livello — accompagnata da un’affluenza non esaltante a Milano (74,6%) e a Torino (64,25%) — l’Italia si conferma tripolare. E così, nelle ex Province, una legge elettorale totalmente proporzionale blocca i grillini a Torino e a Roma: Chiara Appendino e Virginia Raggi, presidenti di diritto dei rispettivi consigli metropolitani, non hanno la maggioranza. L’assenza di un premio, poi, limita l’azione di Luigi de Magistris a Napoli e facilita la governabilità soltanto grazie all’exploit del centro sinistra a Milano (Giuseppe Sala ha dalla sua parte 14 consiglieri su 24) e del Pd a Bologna (dove Virgilio Merola è sostenuto da 13 consiglieri su 18).
Prendiamo il caso di Roma, il comune più vasto e popoloso d’Italia con un’area metropolitana che conta 121 municipi. Il sindaco metropolitano Virginia Raggi (M5S) ha guadagnato ben 7 consiglieri (i grillini passano da 2 a 9, su un totale di 24) ma non può governare e deve vedersela con opposizioni agguerrite che già si allenano per la «grande coalizione» in vista della battaglia finale sulle Olimpiadi del 2024. Tanto che ieri a Palazzo Valentini, la sindaca Raggi dopo la proclamazione dei neo consiglieri ha tradito lo spirito proporzionale del M5S: «Per la riforma (elettorale nazionale, ndr) hanno pensato al premio di maggioranza, qui invece se ne sono dimenticati e non capisco come si possa governare... Noi comunque governeremo sui temi».
Nella città metropolitana di Roma, gli 8 consiglieri del centrosinistra (che con Marino aveva 16 seggi) e i 7 del centrodestra costituiscono una maggioranza e qualcuno ha in animo di partire, già alla prima seduta dell’assemblea prevista per venerdì, con un siluro lanciato contro il Campidoglio con le insegne di Roma 2024. Alla mozione «urbana» con cui l’assemblea capitolina a trazione grillina ha già detto no alle Olimpiadi, Pd, Forza Italia e FdI risponderebbero con una mozione «metropolitana» che invece esalta la funzione di Host City (città ospite) dell’area vasta di Roma per i Giochi del 2024. La mossa, tattica, punta a tenere calda la candidatura della Capitale almeno fino a febbraio 2017 (il mese in cui le città in corsa presenteranno i piani di fattibilità) e ricalca il documento già approvato dal consiglio regionale del Lazio su proposta del capogruppo dem Massimiliano Valeriani. E chi spera ancora di non far perdere i Giochi a Roma, sottolinea che la Carta Olimpica riconosce (articolo 33) ampia discrezionalità al Cio per il riconoscimento delle firme degli «eletti della città» ospite.
Il blog di Grillo, dunque, si prepara alla battaglia delle ex Province: «La loro abolizione è una truffa». E i sindaci grillini annunciano che a gennaio potrebbero uscire dall’Associazione comuni italiani (Anci).