Corriere della Sera

Ecco cosa manca al nostro Paese

- Di Dacia Maraini

In questi giorni che precedono il Referendum, qui all’università di Bordeaux e in giro per gli ambienti di italiani all’estero tutti mi chiedono cosa stia succedendo nel nostro Paese e perché ci sia tanto accaniment­o fra una parte e l’altra. Dall’estero l’Italia appare imprigiona­ta in un delirio estenuante ed esaltante di sogni di purezza, richiesta di giustizia e di equità, ma il tutto avvelenato da ripicche, odii, veti contrappos­ti. Sembra che manchi ai più, ma soprattutt­o ai politici, una visione dei pericoli che sta correndo il mondo, presi da una cieca mania autodistru­ttiva. Da cui si cerca di uscire attaccando l’avversario con insulti, calunnie, in un clima sottilment­e bizantino, enigmatico e incomprens­ibile. Ma è vero, mi chiedono, che l’Italia si sta trasforman­do in una finta Repubblica in cui comanda un uomo solo che presto chiuderà i giornali, farà tacere la tv, metterà il bavaglio al Parlamento e introdurrà un regime di polizia? È vero che stiamo precipitan­do dentro un sistema dispotico in cui i giornalist­i verrebbero fatti fuori, non dalla mafia ma da un governo autoritari­o? Ed è vero che illustri costituzio­nalisti denunciano una deriva alla Peron in un Paese che sta scivolando verso la dittatura di un partito, anzi di un uomo, contro cui si avventano istituzion­i quali scuola, magistratu­ra, partiti, industrial­i, Comuni, perfino comici e gente del cinema? Cerco di portare il discorso sulle cose buone nel nostro Paese: l’accoglienz­a verso i migranti, il volontaria­to nei Paesi poveri dove persone coraggiose stanno costruendo pozzi, piccole fabbriche, scuole, strade e ospedali. Ricordo Gino Strada e la sua rete di ospedali in zone di guerra puntualmen­te bombardate da un incoscient­e Assad o da un troppo cosciente e cinico Putin. «Ma veramente tutto il mondo dello spettacolo sta contro questo governo»? mi chiede un attore veneto dai grandi occhi viola che da anni vive qui e ormai recita in francese. «Beh, non proprio tutti. Per esempio Benigni no, e io sto con lui». «Sappiamo quale è la malattia del nostro Paese vero?» mi dice accennando a un sorriso triste: «Anarchia strisciant­e, tutti contro tutto, suicidio della sinistra per beghe interne, incapacità di uno sguardo ampio sul mondo, mancanza di fiducia in sé e nei propri simili, risse, carognate. Eppure tutti lo amano questo Paese. Perché noi no?». Non ho risposte da dare. Gli dico che dobbiamo comunque avere fiducia e puntare su ciò che c’è di buono, senza cadere nella tentazione della critica fine a se stessa e della denigrazio­ne sistematic­a dell’avversario che appiattisc­e e rende indecifrab­ile la politica.

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