Ecco cosa manca al nostro Paese
In questi giorni che precedono il Referendum, qui all’università di Bordeaux e in giro per gli ambienti di italiani all’estero tutti mi chiedono cosa stia succedendo nel nostro Paese e perché ci sia tanto accanimento fra una parte e l’altra. Dall’estero l’Italia appare imprigionata in un delirio estenuante ed esaltante di sogni di purezza, richiesta di giustizia e di equità, ma il tutto avvelenato da ripicche, odii, veti contrapposti. Sembra che manchi ai più, ma soprattutto ai politici, una visione dei pericoli che sta correndo il mondo, presi da una cieca mania autodistruttiva. Da cui si cerca di uscire attaccando l’avversario con insulti, calunnie, in un clima sottilmente bizantino, enigmatico e incomprensibile. Ma è vero, mi chiedono, che l’Italia si sta trasformando in una finta Repubblica in cui comanda un uomo solo che presto chiuderà i giornali, farà tacere la tv, metterà il bavaglio al Parlamento e introdurrà un regime di polizia? È vero che stiamo precipitando dentro un sistema dispotico in cui i giornalisti verrebbero fatti fuori, non dalla mafia ma da un governo autoritario? Ed è vero che illustri costituzionalisti denunciano una deriva alla Peron in un Paese che sta scivolando verso la dittatura di un partito, anzi di un uomo, contro cui si avventano istituzioni quali scuola, magistratura, partiti, industriali, Comuni, perfino comici e gente del cinema? Cerco di portare il discorso sulle cose buone nel nostro Paese: l’accoglienza verso i migranti, il volontariato nei Paesi poveri dove persone coraggiose stanno costruendo pozzi, piccole fabbriche, scuole, strade e ospedali. Ricordo Gino Strada e la sua rete di ospedali in zone di guerra puntualmente bombardate da un incosciente Assad o da un troppo cosciente e cinico Putin. «Ma veramente tutto il mondo dello spettacolo sta contro questo governo»? mi chiede un attore veneto dai grandi occhi viola che da anni vive qui e ormai recita in francese. «Beh, non proprio tutti. Per esempio Benigni no, e io sto con lui». «Sappiamo quale è la malattia del nostro Paese vero?» mi dice accennando a un sorriso triste: «Anarchia strisciante, tutti contro tutto, suicidio della sinistra per beghe interne, incapacità di uno sguardo ampio sul mondo, mancanza di fiducia in sé e nei propri simili, risse, carognate. Eppure tutti lo amano questo Paese. Perché noi no?». Non ho risposte da dare. Gli dico che dobbiamo comunque avere fiducia e puntare su ciò che c’è di buono, senza cadere nella tentazione della critica fine a se stessa e della denigrazione sistematica dell’avversario che appiattisce e rende indecifrabile la politica.