Ricerca: la logica del posto fisso non è accettabile
Le tesi del prof. Andrea Sironi (Corriere, 8 ottobre) sono difficilmente contestabili: che i finanziamenti per la ricerca in Italia siano inferiori a quelli di altri Paesi europei è un dato di fatto, a fronte di una produzione scientifica elevata per qualità e quantità. Riguardo alle conclusioni (questa è la causa principale della fuga di valenti ricercatori all’estero) vorremmo proporre una diversa chiave di lettura. La finalità della ricerca è migliorare la qualità di vita delle persone e favorire il progresso sociale. Ricerche innovative che hanno rivoluzionato dogmi scientifici hanno anche cambiato la nostra vita e le nostre aspettative. Nel quadro della riforma sanitaria del presidente Obama la ricerca è considerata un investimento con forte ricaduta economica positiva sulla spesa. Solo grazie alle scoperte nel campo della medicina applicata si potrà implementare la medicina di precisione (personalizzata) e la prevenzione primaria, due strategie che non solo eviteranno la bancarotta del sistema sanitario, ma avranno un impatto positivo sulla qualità della vita dei pazienti e dei cittadini. Ma c’è un aspetto scomodo che non viene considerato in questa dialettica: le buone idee, quelle che realmente cambiano la vita delle persone, hanno un valore riconosciuto. Google, Facebook, i nuovi farmaci capaci di guarire malattie letali hanno fatto la fortuna dei loro ideatori. Però le idee veramente buone sono poche ed emergono nel corso di una incessante e costruttiva competizione che vede pochi vincitori, un certo numero di comprimari e molti, moltissimi sconfitti. Se è appropriato e accettabile finanziare tutti alla partenza e mantenere un certo flusso di finanziamenti che faccia da volano e permetta ai nuovi di avviarsi, sarebbe fallimentare pensare che i finanziamenti debbano coprire perennemente il fabbisogno di una coorte di ricercatori che cresce costantemente a prescindere dai risultati ottenuti ma giustificati solo dalla seniorità anagrafica. La