Corriere della Sera

Fragile e imprevedib­ile La Ferrari è tutta un quiz

Stagione flop, ma sulla pista più difficile la Rossa si è svegliata

- Daniele Sparisci

Un solo podio in sei gare, la Ferrari fa i conti a quattro Gp dalla fine del campionato e raccoglie granelli di sabbia. Nell’analisi di una stagione fallimenta­re è avaro il bilancio anche sotto la nuova gestione tecnica di Mattia Binotto, tutto sommato il meno responsabi­le di questo flop: subentrato a James Allison solo a fine luglio — anche se in realtà lo strappo si era consumato settimane prima e oggi l’ingegnere inglese è corteggiat­o da tante squadre, si dice anche dalla Mercedes — al tecnico reggiano si chiedono successi e un cambio di marcia dalla prossima stagione.

I numeri difficilme­nte mentono, ma la Formula 1 non è il calcio dove uno «scossone» in panchina può dare effetti immediati. Fra le pieghe dei risultati in pista si nascondono verdetti e indizi da decifrare: per riassestar­e un meccanismo complesso come un scuderia servono tempo e programmaz­ione. E una lettura attenta dei problemi di questo 2016, che, come ha ricordato il team principal Maurizio Arrivabene, «ci ha insegnato tante cose, anche a guardarci alle spalle».

Più dell’impotenza di fronte alla Mercedes, davvero di un altro pianeta, fa male il sorpasso della Red Bull: con 50 punti di margine nel Mondiale costruttor­i le speranze di recuperare la piazza d’onore per la Ferrari sono ridotte al lumicino. Ma c’è qualcosa che sfugge in questa turbolenta annata vissuta sulle montagne russe, qualche volta a guardare la cima molte di più Riscatto Vettel, sesto nel Mondiale piloti, a causa di problemi tecnici, errori e incidenti, ha un contratto con la Ferrari fino alla fine del 2017 il precipizio. La gara di Suzuka non ha fatto altro che aumentare dubbi e rimpianti. Al netto delle croniche debolezze (l’ennesimo cambio rotto, il quinto, sulla macchina di Raikkonen, e se ogni volta parti in fondo il podio lo vedi con il binocolo), della zavorra di Vettel (retrocesso di tre posizioni per aver provocato l’incidente al via in Malesia), degli errori del muretto, la macchina è andata meglio delle aspettativ­e.

Alla vigilia, infatti, la pista giapponese era attesa con paura dagli uomini rossi: temevano di dover soffrire pene atroci come era successo in estate a Silverston­e, un circuito molto simile a quello della Honda. Così non è stato. Perché?

E qui le scuole pensiero si dividono: i più realisti sostengono che solo con le temperatur­e più basse la SF16-H riesce a trovare la «finestra di utilizzo ottimale» per mandare in temperatur­a le gomme. A conferma di questa teoria ci sono le belle prove in Cina e Canada ottenute in climi più rigidi. Altrimenti la vettura diventa un rebus: imprevedib­ile e difficilis­sima da mettere a punto. E comunque resta anni luce inferiore rispetto alla Mercedes (che a Suzuka ha girato con motori depotenzia­ti dopo il k.o. di Hamilton a Sepang), e meno innovativa della Red Bull. Secondo altri il merito è delle modifiche aerodinami­che: mentre le altre squadre sono tutte proiettate sul 2017 la Rossa si è presentata con evoluzioni importanti che hanno funzionato bene. Sarebbero frutto del buon lavoro svolto dai «nuovi» telaisti (Cardile e Sanchez), un segnale di speranza per il domani, ma in realtà c’è anche il tentativo estremo di portare a casa almeno una vittoria per rendere più dolce la sconfitta. Perché se finisse così la Rossa bicolore entrerebbe nella «Hall of shame» di Maranello con la F93A: «zero tituli» con Berger e Alesi. Anche in quel caso il bianco non aveva portato bene.

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