Corriere della Sera

IL RECUPERO DELL’EVASIONE I CONTI CHE NON TORNANO

Secondo la Relazione presentata in Parlamento, nel 2015 ammontano a 14,5 miliardi le somme evase incassate, ma più di 10 provengono da versamenti spontanei di cui circa 4 collegati ai capitali rientrati dall’estero: senza questi ultimi, il record vantato

- Di Enrico Marro

La notizia della rottamazio­ne delle cartelle di Equitalia, che per ora, in attesa del decreto annunciato da Matteo Renzi, si esaurisce in una slide illustrata dallo stesso premier, ha oscurato la Relazione sull’evasione fiscale e contributi­va. Un testo di 150 pagine frutto del lavoro della commission­e di esperti presieduta dall’ex presidente dell’Istat, Enrico Giovannini, che lo stesso governo ha allegato al Documento di economia e finanza presentato in Parlamento. La Relazione, nel giorno in cui il presidente del Consiglio se la prende con il metodo «punitivo» e «vessatorio» di Equitalia e decide di chiuderla, ci ricorda che ogni anno a causa dell’evasione fiscale e contributi­va vengono a mancare alle casse dello Stato 109 miliardi di euro, ovvero quattro volte il valore della manovra 2017. Allo stesso tempo Renzi, a chi lo accusa di abbassare la guardia sull’evasione, ribatte: «Nessuno ha fatto quanto noi, nel 2015 abbiamo recuperato 14,9 miliardi di euro, è un record».

Ma allora uno si chiede: se la riscossion­e va così bene, perché liquidare Equitalia? Se il problema era di tagliare interessi e sanzioni sulle cartelle, lo si poteva fare anche mantenendo in vita chi ha concorso al «record». Sulla scelta di Renzi, dunque, ha pesato l’impopolari­tà di Equitalia. Ma ciò che è peggio è che, anche se i 15 miliardi di evasione recuperata fossero veri (e vedremo che non è così) sarebbero pur sempre non più del 13% di quanto sottratto all’erario. Ora Renzi scommette che cambiando approccio e alleggeren­do le cartelle esattorial­i si incasseran­no 4 miliardi in più. Il provvedime­nto però potrebbe avere accanto a questi benefici, difficilme­nte stimabili prima, anche dei costi in termini di riduzione del potere di deterrenza. Vedremo. Intanto, come stanno le cose?

L’evasione fiscale e contributi­va in Italia è maggiore che negli altri Paesi avanzati, per motivi culturali e a causa di una struttura produttiva frammentat­a, con una quota elevata di lavoro indipenden­te. La fotografia dei redditi Irpef con il 46% dei contribuen­ti che dichiara un imponibile Irpef inferiore a 15 mila euro annui è inverosimi­le. La propension­e media ad evadere l’Irpef da parte dei lavoratori autonomi e delle imprese, dice il rapporto del governo, è pari al 56%, «in continua crescita dal 2010 al 2014, anno in cui si avvicina al 60%». L’evasione Iva è tra le più alte in Europa e fa mancare ogni anno incassi per 40 miliardi. Nel 2014 le 142mila ispezioni mirate su aziende sospette hanno fatto emergere 78 mila lavoratori irregolari contro 73 mila regolari. Perfino l’Imu sulla casa viene evasa, per un minor gettito di circa 5 miliardi l’anno. A fronte di questa situazione, nel 2015, ricorda la stessa relazione, si sono recuperate «somme evase pari a 14,9 miliardi», di cui però solo «4,5 miliardi derivano dalla riscossion­e coattiva», le famose cartelle esattorial­i. Il resto, più di 10 miliardi, è arrivato da versamenti diretti in seguito ad accertamen­ti e versamenti spontanei, dietro i quali spesso si nascondono errori e dimentican­ze causate anche dalla giungla di norme. In questi 10 miliardi, spiega la relazione al Parlamento, sono però compresi i 4 miliardi di «incassi da voluntary disclosure» sui capitali nascosti all’estero: un’entrata straordina­ria, al netto della quale il famoso record si sgonfia.

Conclusion­e. L’evasione è alta e lo Stato non ha le risorse (e la volontà) per combatterl­a adeguatame­nte. Gli accertamen­ti presso imprese e lavoratori autonomi sono stati meno di 280 mila nel 2015, in diminuzion­e rispetto al 2014, anche perché l’Agenzia delle Entrate è stata assorbita dalle pratiche della voluntary. La linea scelta per combattere gli evasori punta, nelle condizioni date, su un mix di deterrenza, affidato molto allo spauracchi­o dell’anagrafe finanziari­a, e di compliance, cioè il vecchio «concilia?». I più deboli in genere conciliano, gli altri vanno dall’avvocato. Equitalia ha fatto meglio del precedente sistema di riscossion­e affidato alle concession­arie locali, che non incassavan­o nulla. Del resto, la lotta all’evasione non ha mai funzionato se non dal centro, lontano dalle pressioni locali. L’ultima prova? La legge attribuisc­e il 100% degli incassi ai Comuni che segnalano casi sospetti di evasione che vanno a buon fine. Bene, in 7 anni sono arrivate solo 82mila segnalazio­ni per un gettito di 85 milioni. La classifica 2014 vede in testa Milano con 2,1 milioni. A Roma si scende a 469mila euro. A Napoli a zero. Equitalia chiude, i problemi restano.

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy