«Lì sono stata fatta schiava Ora il mio cuore è con i soldati»
«Seguo da lontano il coraggio delle nostre forze a Mosul. Il mio cuore è con voi, il vostro sacrificio conta moltissimo per me. A Mosul sono stata prigioniera. E’ là che ho conosciuto la malvagità dell’Isis». La 23enne Nadia Murad è una delle 5.000 ragazze della comunità yazida rapite nel 2014 dall’Isis e ridotte in schiavitù. Dopo tre mesi di stupri e di prigionia, è riuscita a scappare, ed è diventata la voce del suo popolo all’Onu — insignita pochi giorni fa del «Premio per i diritti dell’uomo Václav Havel» dal Consiglio
d’Europa. Oggi segue su Twitter l’avanzata su Mosul, e per la prima volta osa sperare.
Per Nadia, Mosul è la città del dolore. «Il mio dolore — dice al Corriere — non è nulla in confronto a quello di 3.500 ragazze e bambini che sono ancora prigionieri in Iraq e Siria». Come molti yazidi non sa cosa aspettarsi. Da una parte spera che le operazioni militari portino alla liberazione dei prigionieri, dall’altra teme che siano usati come scudi umani o portati altrove. Mosul è il posto dove «ho visto cose peggiori della morte: bambine di 9 anni vendute al mercato come schiave sessuali» — racconta —; è la città dove un uomo «mi costrinse a indossare un vestito, a truccarmi e poi in quella notte nera, lo fece», e infine, per punire il suo tentativo di fuga, «mi picchiò, mi spogliò e mi mise in una stanza con sei miliziani che abusarono del mio corpo finché non svenni».
Nadia sa che ci vorrà più di una vittoria militare. Non sono stati solo i miliziani dell’Isis ma anche i «vicini di casa» sunniti ad uccidere e rapire gli yazidi. Ma Mosul è anche la città dove «una famiglia musulmana mi ha nascosta e mi ha aiutata a scappare», ricorda Nadia. «Non hanno voluto nulla in cambio». Molto dipenderà dalla ricostruzione. Il mondo ha riconosciuto i crimini di guerra contro gli yazidi, i cristiani e altre comunità. Ma nessun responsabile finora è stato punito. Assistita dall’avvocata Amal Clooney, Nadia chiede l’intervento della Corte penale internazionale.