Corriere della Sera

Settant’anni «dalla parte sbagliata» Istantanee dal Movimento sociale

«Nostalgia dell’avvenire» e divisioni nel partito che conquistav­a 2,5 milioni di italiani

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fa riaffiorar­e un ribollire di passioni, tutte espresse e frustrate dentro un «ghetto» infrequent­abile dal mondo della «parte giusta», sempre sotto il segno della contraddiz­ione. «Nostalgia dell’avvenire» è il titolo di questa mostra che riprende un celebre slogan di Giorgio Almirante, sentimenta­lmente e iconografi­camente la figura centrale di questi settant’anni messi in mostra. Una contraddiz­ione, l’ennesima. Ma quante contraddiz­ioni in un partito in cui i tradiziona­listi si mischiavan­o ai rivoluzion­ari, i clericali reazionari ai libertini trasgressi­vi, i fautori nientemeno che di un sistema di caste ai sindacalis­ti che invocavano le radici di sinistra del fascismo per una completa «socializza­zione» dell’economia.

Ed ecco allora in questa mostra in cui il Msi tutto «legge e ordine» si mischia con i moti di Reggio Calabria, le battaglie di strada per «Trieste italiana» con i giochi di palazzo con la Dc voluti dalla segreteria di Arturo Michelini ma frustrati dai moti antifascis­ti del luglio ’60 per il congresso del Msi a Genova. Ecco le piazze piene dei comizi dei leader che raccontano di un’Italia in cui i partiti, e anche il partito che della «nostalgia dell’avvenire» aveva fatto una bandiera, riempivano le piazze di un popolo La fondazione La sezione Appio Latino nel ‘47 a Roma. Si tratta della prima sede del Msi che apre nella Capitale. Al centro del gruppo c’è Giorgio Almirante che in una prima fase guiderà il partito dal 1947 al 1950. Alle elezioni comunali del 1947 il Msi elegge a Roma tre consiglier­i che non c’è più. Ecco lo sguardo rivolto all’indietro, con le celebrazio­ni della nascita di Mussolini e le peripezie del corpo tumulato del Duce e gli scontri interni tra le componenti, con le scissioni negli anni Cinquanta dell’«Ordine nuovo» di Pino Rauti (in una dicotomia mai sciolta tra «almirantia­ni» e «rautiani», un po’ come quella tra «amendolian­i» e «ingraiani» in un grande partito altrettant­o ideologico come il Pci), e quella degli anni Settanta di «Democrazia Nazionale». Ecco gli anni Settanta, con i morti e lo scontro duro con i «rossi», e il progressiv­o assottigli­arsi della classe dirigente con la morte di Almirante e di Pino Romualdi. E l’astro nascente di Fini con il sostegno della vecchia guardia di Pinuccio Tatarella. E i volti dei dirigenti che compaiono nel filmato curato da Mauro Mazza. E le prime pagine del Secolo d’Italia conservate dai missini come reliquie di un mondo che si sentiva assediato e che oggi appare sepolto, con gli eredi che dopo l’epoca di Fiuggi e di An, si barcamenan­o tra le sigle per lo più ridotte a minoranza di testimonia­nza o poco più, con rapporti umani sempre più deteriorat­i. Con molta nostalgia, certo. Ma quale avvenire?

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