Uno chef in corsia Il menu di Romito per i pazienti di un ospedale di Roma «Così il cibo diventa parte della cura»
Adottando tecniche di preparazione sane, anche in corsia si potranno mangiare lasagne (ma fatte con pasta all’uovo cotta al vapore e ragù privo di olio e soffritto), risotti oppure tortini rustici
Risotti, vellutate, tortini rustici, merluzzo glassato, al giovedì gnocchi al pomodoro, come da tradizione, e di domenica lasagne (cucinate però senza grassi, con la pasta all’uovo fatta al vapore e il ragù privo di olio e di soffritto). E chi l’ha detto che mangiar bene in ospedale, quasi come in un ristorante, sia pura utopia? Non la pensa così Niko Romito del «Reale» di Castel di Sangro (L’Aquila), il primo chef tre stelle Michelin ad aver elaborato il menù settimanale per una struttura sanitaria, il Cristo Re di Roma dove, assieme alla nuova cucina, il 15 dicembre sarà inaugurato un nuovo corso in fatto di alimentazione. Addio dadi, grassi in eccesso o cibi industriali già pronti. Ecco i piatti di Romito, semplici ma sani — mezze maniche alla marinara, per esempio, vitello tonnato con insalata o zuppa di lenticchie e funghi —, preparati con la stessa spesa iniziale di prima ma sfruttando sette tecniche di cucina all’avanguardia. Poco aggressive, capaci di conservare le qualità dei cibi consentendo così di riutilizzare gli avanzi, minimizzare gli sprechi e abbattere del 20% il calo di peso delle materie prime. Il forno a vapore, per esempio, che mantiene umidi gli ingredienti, il sottovuoto oppure la cottura ad alta temperatura nella pellicola di amido: un gel di olio e farina di maizena che avvolge i cibi, sia crudi che surgelati, e permette di cuocere in poco tempo carne o pesce mantenendo le fibre intatte.
L’idea di partenza? «È nata due anni fa — racconta Lorenzo Miraglia di GioService, società del gruppo Giomi che si occupa di servizi alle strutture sanitarie, promotrice del progetto “In-Intelligenza nutrizionale” che sarà presentato oggi a Roma —, dopo aver constatato che in molti ospedali si mangia male, gli scarti sono all’ordine del giorno e spesso i pazienti sono abituati a mangiare troppo o troppo poco». Una condizione, questa, spiega Lorenzo Maria Donini, responsabile dell’unità di ricerca in Scienza dell’alimentazione e nutrizione umana della Sapienza di Roma, che ha collaborato al progetto, «che incide sullo stato di salute, sulla qualità Il recupero degli scarti di vita dei pazienti e, alla lunga, anche sui costi assistenziali». Alla base, insomma, c’è la convinzione che con un’alimentazione attenta la degenza in ospedale possa essere migliore e meno lunga. Così molti hanno iniziato a proporre menu più curati, che il paziente può ordinare la sera prima per il giorno dopo. Come succede allo Ieo di Milano.
Ora il salto di qualità, con il menu dello chef: «Il cibo — dice Romito — diventa parte del percorso di cura». Nel suo laboratorio di Castel di Sangro, lo chef abruzzese ha studiato gli alimenti a disposizione dell’ospedale ed elaborato il menù, in modo da assicurare l’apporto di tutti i nutrienti e la stagionalità degli ingredienti. Dopo una prima sperimentazione già conclusa in due reparti dell’ospedale, al Cristo Re molti piatti arriveranno già semi-lavorati. Mentre ai nuovi fornelli il personale di cucina, appositamente formato, seguirà le istruzioni ultimando le ricette. «Abbiamo creato più di un semplice menu — racconta Miraglia —: standardizzando le ricette e lasciando poco spazio all’improvvisazione del cuoco di turno, nasce un protocollo replicabile in qualunque mensa collettiva». In futuro il modello sarà introdotto anche nelle altre strutture del gruppo Giomi. «Si creerà la possibilità — conclude Romito — di formare una nuova figura professionale, lo chef d’ospedale, sempre più specializzato».