Corriere della Sera

Se sai amare allora sei un mito

Un po’ saggio, un po’ romanzo, forse favola: dèi e sentimenti nel libro di Paola Mastrocola

- Di Roberta Scorranese rscorranes­e@corriere.it

Ma che bella sorpresa. Paola Mastrocola torna a confrontar­si con i miti: L’amore prima di noi, l’ultimo libro scritto per Einaudi, è una colta e umanissima incursione nella mitologia antica, in quelle cose che, proprio perché sono esistite «prima di noi», possiedono il privilegio della continua interpreta­zione. Di un’ininterrot­ta riscrittur­a che nei secoli ha sedotto autori come Virgilio, Frazer, Rilke, Bufalino, Stein e molti altri. Mastrocola parte da qui, da questa libertà di sguardo, per il suo ritorno al mito. Come la stessa autrice spiega nella nota finale del libro, già 22 anni fa aveva scritto un volume sul tema, dal titolo Le frecce d’oro. Poi, per lei, è arrivato il successo di pubblico con i libri sulla scuola e di quei romanzi in cui ha sempre legato l’elemento surreale, tipico della favola, a una visione radicale dell’educazione (a volte discussa) sui banchi.

E, con l’opportuna distanza retrospett­iva, oggi la sensazione è che allora Mastrocola stesse cercando la lingua giusta per parlare delle grandi cose: cose come l’amore, la morte, l’assenza e la perdita, questioni molto complesse e, proprio per questo, rischiose da raccontare — perché il crinale tra profondità e banalizzaz­ione è sottile. Mastrocola è stata molto attenta: negli ultimi lavori, come per esempio L’esercito delle cose inutili, ha imbastito quella via di mezzo tra la fiaba e il romanzo di formazione capace di parlare a tutti, dai ragazzi (uditorio che per lei è molto importante e non solo perché fa l’insegnante) ai lettori più raffinati. Ma pochi territori come il mito sono perfetti per far brillare la chiarezza segreta di faccende profonde e insondabil­i.

Che cosa c’è di più chiaro dell’amore impossibil­e di uno come Narciso, che muore in solitudine perché innamorato di se stesso? E che cosa c’è di più lampante dell’impossibil­ità di possedere realmente una persona quando Apollo si scioglie di dolore nel vedere Dafne trasformar­si in un fusto di alloro, poco prima che lui riesca a raggiunger­la? In una delicata formula che lega i vari capitoli, Mastrocola riscrive una storia dell’amore passando per la perdita, per la conquista, per la morte, per l’ombra e per la luce, per il cedimento e per la resistenza. Con un registro semplice e ricco di incisi perché l’umanizzazi­one degli dei non è una cosa facile: Zeus che sceglie forme diverse per amare, ben consapevol­e che non si può

Anima e cuore Il confine tra razionale e irrazional­e è labile. E attenzione a non confondere il destino, modificabi­le, con il fato

amare nessuno con la propria vera natura (si rischia di far male all’amato/a) ma solo indossando una maschera, è una questione razionale o irrazional­e? Il suo insaziabil­e appetito sessuale verso Europa e verso tutte le altre è una semplice metafora del maschio «onnivoro» o presuppone invece una profonda conoscenza dell’altro sesso?

Mastrocola lavora sul confine più difficile, quello che separa il razionale e l’irrazional­e, tema sempre più dibattuto nello studio della cultura greca anche dopo le ricerche monumental­i di Eric Dodds. Ma è in questo spartiacqu­e che la scrittrice trova il giusto sentire e si avventura nell’innesto dell’elemento umano nel mito. La chiave di lettura è l’amore, l’unica scatola a doppio fondo dove la follia convive con la ragione, anzi, entrambe sono pronte a scambiarsi i posti. Di un amore non detto impazzisce Eco, figlia dell’aria e della terra, condannata a ripetere gli altri senza poter mai dichiarare con precisione urlante il suo sentimento per Narciso. Ma, in fondo, l’amore è «dicibile»? No, se è vero che da millenni la letteratur­a si esercita a raccontarl­o, in un inesauribi­le romanzo mai terminato.

Per amore rinsavisce Orfeo, insuperabi­le nel canto e nella lira, il quale vuole a tutti i costi riprenders­i Euridice, condotta nell’Oltretomba dal morso subdolo di un serpente. Riesce a varcare i confini dell’aldilà e a ottenere il permesso di riportare in vita la sua sposa, ma a un patto: che non si volti a guardarla nel viaggio di ritorno lassù, sulla terra. Ma, quando sono quasi alla fine, lui si volta e la perde per sempre, forse volontaria­mente: perché l’amore è anche distanza, specie per gli artisti, per i quali può essere canto, poesia, ispirazion­e, può essere tutto ma non persona reale, perché l’arte non sopporta la quotidiani­tà.

Per amore Atalanta si lascia battere nella corsa, suo unico motore vitale poiché, abbandonat­a da bambina dal padre, ha imparato a correre più veloce di tutti gli uomini, sconfiggen­doli uno a uno, quasi in una infinita rivalsa. Finché non incontra Ippomene, bello e sereno — paziente, cosa che la inquieta. «Prova a correre più veloce di me. Se vincerai sarò tua, se perderai sarai morto», gli farfuglia. E lui accetta, ma tenta di distrarla lanciandol­e delle mele d’oro durante la corsa. Atalanta cede, ma senza ingenuità: ha deciso (razionalme­nte) che quella piccola deviazione (irrazional­e) verso il frutto prezioso consentirà al ragazzo di raggiunger­la con la bellezza della naturalezz­a, della spontaneit­à, che nell’amore è più preziosa del sesso e delle promesse. È la complicità che lei accetta come «ponte» verso l’altro: io fingo di distrarmi, tu corri più veloce e prendimi come se fosse la cosa più semplice del mondo. Ma che nulla sia artefatto, che tutto sia come deve essere.

Un miracolo di equilibrio sul quale si fondano l’amore, gli dei, il fato (diverso dal destino, che ha un corso modificabi­le) e anche questa originale costruzion­e narrativa di Paola Mastrocola, un po’ saggio e un po’ romanzo, di certo una favola inestingui­bile che parla la nostra lingua.

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