Cartolina (dall’inferno)
«Naples ‘44», tragedia e bombe sulla città Napolitano: ho rivisto tutta la sofferenza di un popolo, aiuterà a capire quegli anni
«Ho ritrovato in questo film tutta la enorme sofferenza del popolo napoletano che ha sicuramente sopportato alcune tra le ferite più atroci della guerra… Ricordo ancora i primi bombardamenti del 1942, gli Alleati miravano a far crollare anche psicologicamente la popolazione. Io mi trovavo a Posillipo e vedemmo con molti altri il disastro degli edifici civili distrutti…». Una piccola pausa: «Camminammo per ore e ore tra le macerie, per chilometri…».
Giorgio Napolitano con la moglie Clio ha appena finito di vedere Naples ‘44, il film scritto e diretto da Francesco Patierno (prodotto da Dazzle Communication-Davide Azzolini con Rai Cinema) un complesso racconto della Napoli distrutta e immersa nella tragedia del 1944, presentato ieri in anteprima mondiale alla Festa del Cinema di Roma (a gennaio in onda su Sky Cinema). Accanto a lui, in una saletta di proiezione nel quartiere Prati, c’è anche un altro ex ragazzo di quella Napoli, Raffaele La Capria, amico da sempre del presidente emerito della Repubblica: altri amici coetanei del gruppo si chiamavano Franco Rosi, Peppino Patroni Griffi, Antonio Ghirelli. Quando la proiezione si conclude, i due si guardano, appena uno scambio di poche parole. Non c’è commozione esplicita, ma quegli sguardi, quel silenzio dicono tutto.
Sullo schermo, grazie al filo narrativo del libro Naples ‘44 di Norman Lewis, ex ufficiale inglese che entrò con la Quinta Armata americana in una città devastata e anni dopo trasformò gli appunti in un denso racconto, è apparso il lavoro di Patierno. Con una voce narrante (Benedict Cumberbacht nella versione internazionale, Adriano Giannini in quella italiana) si legano insieme filmati d’epoca dell’Istituto Luce-Cinecittà, del National Archives and Records Administration, dell’Imperial War Museum, del Getty Images mischiati, per esempio, a spezzoni de La pelle di Cavani, Le quattro giornate di Napoli di Loy, di Chi si ferma è perduto di Corbucci. Il risultato complessivo è sorprendente, aiuta a rivivere quei giorni (tra documenti e fiction, tra le sequenze dei bombardamenti e le apparizioni di Totò o di Marcello Mastroianni) trasformando lo spettatore in un napoletano del ’44. Rapide sequenze solari della Napoli di oggi producono uno straniamento voluto, fra tragedia e allegria.
Su questo punto Napolitano esprime una perplessità: «Quell’alternanza di immagini così diverse mi sembra a tratti un po’ brusca…». Ma il regista, accanto a lui, gli replica: «Io amo molto i contrasti. E poi è proprio Lewis, nel libro, ad alternare l’ironia al dramma».
Il presidente regala a Patierno un suggerimento: «Questo film racconta una storia complessa e particolare. Secondo me, per far comprendere tutto e bene soprattutto alle nuove generazioni, occorrerebbe una spiegazione preliminare prima della proiezione. O una tabella all’ingresso, o un testo sullo schermo prima del film. Non sarebbe uno stupido didascalismo, si tratterebbe di uno strumento importante. Il rischio è che i giovani possano non capire bene il contesto, il valore di alcuni passaggi».
Affiora un ricordo: «Nel 2012, quando partecipai all’Istituto di studi storici di Napoli alla commemorazione di
Nel libro dell’ex ufficiale Lewis da cui ho tratto il film c’è una alternanza di situazioni ironiche e momenti drammatici E io amo molto i contrasti Il regista
Benedetto Croce nel 60° anniversario della sua scomparsa, parlai a lungo dei giorni del 1944, della sofferenza di Croce per l’Italia e per Napoli in particolare…». (In quel testo Napolitano ripropose una famosa frase di Croce, scritta nei suoi diari: «Io mi avvedo di amare sempre di più l’Italia, e soffro assai pensando a lei». In perfetto allineamento col film, che è una dichiarazione di amore e, insieme, di dolore).
Accanto a Patierno c’è l’anziano padre Antonio, napoletano come il presidente emerito. È stato lui a suggerire al figlio di rileggere il testo di Lewis, a convincerlo che sarebbe stata un’eccellente materia filmica. Napolitano lo saluta con affetto, poi riparla del film: «Credo che potrà aiutare chi non ha vissuto quell’epoca a capire cosa sia avvenuto in quei giorni, a comprendere il dolore di tanta gente. Se mai ce ne fosse bisogno, il film è un’ulteriore prova della tragica inutilità di qualsiasi guerra». Per un attimo, un velo di commozione. Poi un abbraccio al regista.