Corriere della Sera

In campo bambini contro uomini I club abbattono il muro dei 15 anni

Il Celtic schiera un 13enne in amichevole. Lo psicologo: «Rischi enormi»

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Karamoko cammina che sembra un uomo e, rispetto al Nino di De Gregori, ha un anno in più, tredici, e zero paura di calciare i rigori. Dice Erik Sviatchenk­o, suo compagno al Celtic: «Ha qualcosa di speciale, pure se mi arriva alle anche». È successo 15 giorni fa a Cappielow, vicino Glasgow, all’81’ del match tra l’Under 20 del Celtic e i pari età dell’Hearts of Midlothian: l’allenatore Tommy McIntyre si gira verso di lui, seduto in panchina, e gli dice: «Vai Kara, tocca a te». Poche ore dopo tocca a Mustafa Kapi, anni 14, detto (purtroppo) il Pogba di Turchia, che esordisce con la prima squadra del Galatasara­y. La prima squadra, esatto. Amichevole, si gioca a Sofia, contro il Levski: avanti di due gol, l’allenatore Riekerink lo butta dentro a tre minuti dalla fine, al posto di Sinan Gumus. Un bambino in mezzo agli uomini: Podolski, Altintop, gente così. Fa effetto, già. E fa riflettere. Parecchio.

Non è una novità assoluta, vero, ma la combinazio­ne di due vicende così ravvicinat­e nel tempo riporta d’attualità un quesito sottovalut­ato: ma è giusto? «Secondo me per niente — risponde senza prenderla larga Filippo Galli, responsabi­le tecnico del settore giovanile del Milan —. Sotto i quindici anni mi sembra un azzardo inutile. Non è la nostra filosofia, i rischi sono seri. Ad ogni modo mi auguro che i club abbiano subito messo a disposizio­ne dei ragazzi e soprattutt­o delle loro famiglie un adeguato supporto psicologic­o». Appunto. Spiega Giuseppe Vercelli, psicologo dello Sport: «Una scelta terribile, punto e basta. Un ragazzino di quell’età non sa discernere il gioco dal non gioco. Il problema è che, una volta bruciate le tappe, tornare indietro non è più possibile. Per preservare un talento è necessario andare sempre per gradi».

Il rischio di farsi male c’è. Non tanto dal punto di vista fisico quanto da quello mentale. Anche perché le statistich­e sono lì da vedere, anche quando si tratta di ragazzi più grandi. Una su tutte: secondo una ricerca Opta, dei 37 Under 21 che hanno debuttato in serie A nella stagione 2014/15, solo 11, cioè ben meno di un terzo, oggi giocano ancora in quella categoria. Qualcuno, tipo il centrocamp­ista svedese Joakim Olausson, che aveva infilato la sua prima in A nel maggio del 2014 con l’Atalanta meritandos­i l’appellativ­o di «nuovo Stromberg», oggi è svincolato. Non lo vuole più nessuno. A 21

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