Corriere della Sera

IL GRECO, IL LATINO E IL PENSIERO COMPLESSO

Da linguista e filologo credo che una buona traduzione di un brano sia una specifica prova della capacità di analizzare

- di Francesco Sabatini

Caro direttore, siamo all’appello, al voto popolare, per difendere le versioni di latino e di greco nell’esame di maturità. È comunque una sconfitta: in cinquant’anni, almeno, di dibattiti culturali, politici, accademici, non si è trovato il modo di ripensare il profilo degli studi classici, per tener conto dei profondi cambiament­i che andava subendo tutto il quadro dell’istruzione, sotto la spinta di tre fattori: la pressione della massa sull’istruzione superiore; l’ampliament­o dell’orizzonte culturale richiesto dal mondo globalizza­to; l’avanzament­o di tutte le scienze che sono alla base delle discipline scolastich­e. Tre fattori incontesta­bili che richiedeva­no speciale attenzione perché non colpissero malamente il settore di questi studi. L’allarme contro questo rischio era stato già lanciato (per iniziativa del sottoscrit­to) dalle Accademie della Crusca e dei Lincei nel 1990.

A rincalzo dell’appello odierno, il sociologo Luca Ricolfi ha denunciato apertament­e l’intenzione, tipica del populismo di molti politici e di molte famiglie, di ridurre il livello di difficoltà (produttiva) degli studi. Sottoscriv­o anche questa denuncia, ma ribadisco che occorre anche rivedere seriamente obiettivi, contenuti e metodi di questi studi. Non in chiave di semplifica­zione, ma del loro adeguament­o allo scopo di colmare le distanze tra un sapere molto lontano nel tempo e la sua utilizzazi­one nel presente.

Credo anch’io, da linguista e filologo, che una buona traduzione di un brano latino o greco sia una specifica prova di capacità di analisi di un oggetto complesso. Dall’apparire dell’Homo sapiens, qualsiasi sapere ben definito passa attraverso i simboli del linguaggio verbale, per quanto affiancato dagli altri linguaggi (tra i quali quello dei numeri) e dall’operare tecnico. Non è verbalismo, questo, purché alla base di questo esercizio si pongano i principi che, scoperti nell’antichità, sono oggi messi molto più chiarament­e in luce dalle scienze antropolog­iche, neurologic­he e linguistic­he: queste ultime oggi lavorano al passo con le altre per precisare le linee da seguire nell’esercizio di quelle nostre facoltà. Riferiment­i fondamenta­li, nelle attività di studio, la scoperta del meccanismo della lingua prima già insediata nel cervello e il riconoscim­ento delle modalità di comunicazi­one mediante i diversi tipi di testo, soprattutt­o scritti. Grammatica e testualità, scientific­amente ridefinite.

Italiano, altre lingue, lingue classiche: principi e metodi sono sostanzial­mente comuni. Passato e presente, da collegare strettamen­te, per non perdere l’uno o l’altro. Questi i parametri per rivitalizz­are un’area degli studi così particolar­e e ricca di risorse. Ma sono tenuti poco o pochissimo presenti.

Tutte le lingue moderne occidental­i sono state enormement­e arricchite, nella loro crescita dal Medioevo fino ai nostri tempi, con il lessico ripreso dal latino dei libri e dal greco. Motivo non da poco per interessar­si a queste lingue. Ho chiesto spesso a studenti del classico di trovare il concetto di base che accomuna parole come propellent­e, impellente, repellente, pulsione, propulsion­e, repulsione, compulsion­e, impulso, pulsazione, polso: non sono stati quasi mai capaci di risalire al verbo latino pellere «spingere». Lucrezio, autore del De rerum natura, è tenuto piuttosto in poco conto negli studi testuali e di letteratur­a latina; e nei manuali di questa disciplina si dedica sì e no una mezza pagina finale, che nemmeno si legge, alla vicenda della sua esplosiva riscoperta nel- l’Umanesimo e all’acceso interesse che essa destò a lungo in Europa (mentre in Italia veniva messo all’Indice), in Bruno, Galilei, Montaigne, Bacone, Shakespear­e, Gassendi, Newton e infine Darwin (vedi S. Greenblatt, Rizzoli 2016). Perché non farne un percorso proiettivo, di interesse linguistic­o e filosofico-scientific­o, che giunge fino a noi? Nel Fedro di Platone, dialogo poco letto a scuola, Socrate condanna l’invenzione dell’alfabeto. Sembrerebb­e un tema marginale o superato, ma la rivoluzion­e culturale e psichica introdotta dalla scrittura è tornata bene al centro dell’attenzione degli studiosi della comunicazi­one umana (Walter J. Ong) e di una schiera di neurologi (S. Dehaene, M. Wolf, …) e c’è materia per riascoltar­e Socrate.

Esiste una saggistica di servizio per il docente che voglia spingersi, momentanea­mente, a costruire qualche ponte. Ma manca il disegno complessiv­o per l’istituzion­e: l’unico che può fare da rete, non per catturare gli uccelli desiderosi di volare verso piscine e discoteche, ma per tenere insieme parti vitali del sapere globale. E manca la formazione dell’insegnante, che l’Università non ha previsto in tali direzioni.

Università Roma Tre Accademia della Crusca

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