SE L’AUTO È CONDIVISA VERSO «INNOVATION HUB» ECCO COME LA «SHARING ECONOMY» STA CONQUISTANDO LA MOBILITÀ
L’appuntamento Milano, Roma e Torino si confermano essere le metropoli dove si lascia a casa con più frequenza il proprio mezzo. E a Forlì, grazie a un progetto di Toyota, sta per partire il primo servizio di «vetture in comune» ibride
Per chi si occupa di mobilità sostenibile, ciò di cui avremmo davvero bisogno è dare un senso logico ai trenta chilometri percorsi in media ogni giorno nel tragitto casa-lavoro. «È la mobilità di prossimità, che valorizza quartieri e distretti urbani, l’azione giusta per muoversi e respirare meglio», dice Roberto Maldacea, presidente per l’Italia di Euromobility, l’associazione che promuove l’utilizzo di nuove forme di mobilità e trasporto ecosostenibili. Praticamente, la sharing economy: dalla macchina al motorino, alle biciclette (14 mila quelle condivise).
L’importante è lasciare nel garage l’auto, troppo utilizzata perfino nei piccoli tratti. «Due anni fa, abbiamo redatto un piano per la riduzione della CO2 nel settore trasporti: il 70% delle emissioni avvenivano per spostamenti al di sotto dei 30 chilometri», ricorda Raimondo Orsini, direttore della Fondazione per lo sviluppo sostenibile, organizzatrice, la scorsa settimana a Roma, della prima conferenza nazionale della sharing mobility (tema che sarà trattato venerdì 2 dicembre all’Unicredit Pavilion di Milano durante Innovation Hub, l’evento conclusivo dell’anno di Corriere Innovazione). Settecentomila italiani usufruiscono del car sharing, sia nella formula free floting (l’auto si preleva e la si lascia ovunque), sia in quella station based (nei parcheggi appositi), per 5.764 veicoli a disposizione in ventotto città. Quelle con più di 250 mila abitanti ospitano almeno un servizio di car sharing. Fanno eccezione le due città metropolitane di Reggio Calabria e Messina, dove l’auto in movimento è sempre quella di proprietà.
Milano, Roma e Torino, le metropoli nelle quali si lascia maggiormente a casa l’auto, preferendo la guida sharing: nel 34% dei casi lo fanno i milanesi, seguiti dai romani (il 26%) e dai cittadini della Mole (16%). In questo mare di dati, emergono realtà piccole ma virtuose. Ricordandoci che un parco mezzi green non è composto solo da auto. In Piemonte, ad Alba, fa notizia la decisione del primo cittadino di acquistare veicoli elettrici di prossimità per la raccolta differenziata. «In questo modo, sono riusciti ad abbassare la tassa sui rifiuti sia per gli abitanti, sia per le aziende — rispettivamente del 6 e del 5% — e a risparmiare sulla manutenzione dei mezzi, abbattendo i costi del 65 per cento. Questa sì che è economia circolare», commenta Maldacea, per il quale non guasterebbe una maggiore collaborazione tra pubblico e privato.
A Forlì, dal prossimo mese entrerà in funzione il primo car sharing full hybrid in Italia, nato dalla collaborazione tra il Comune e Toyota. Il nome del progetto è «Yukõ» («Andiamo»). Dopo Dublino, arriva, per una sperimentazione di un anno, nella città da 120 mila abitanti. Sette auto Yaris nei punti strategici: stazione, università e centro storico. «Organizzeremo una serie di eventi sulla mobilità sostenibile: stiamo già coinvolgendo Cesena e
Ravenna», racconta Marco Ravaioli, assessore alla Mobilità di Forlì. Del resto, l’idea di una sostenibilità ibrida e diffusa è il cavallo di battaglia di Toyota. Basti pensare al protocollo d’intesa tra il colosso giapponese e il Comune di Venezia. «Vorremmo fare di Venezia la prima smart city italiana, con Toyota pronta ad accompagnare il progetto per una mobilità a zero emissioni, sia su terra che in acqua», dice Andrea Carlucci, ad di Toyota Italia.
Secondo Carlo Alberto Pra-
tesi, professore di Marketing Innovation e sostenibilità a Roma Tre, «le zero emissioni le raggiungeremmo restando immobili». È chiaramente una provocazione. «L’auto elettrica è il presente-futuro, anche se da noi rappresenta solo lo 0,20% del parco macchine. E poi sarà la volta dell’auto senza guidatore», osserva Pratesi, che aggiunge: «Avvicinandoci verso l’auto ecologica, si perderà l’aspetto esperienziale del mezzo: basti pensare ai giovani, il cui primo desiderio non è l’acquisto di un’auto».
Sempre i giovani sono i principali utilizzatori del car pooling per gli spostamenti casa-università. Sarà presentata nei prossimi giorni l’Indagine sugli spostamenti e sulla mobilità condivisa nelle università italiane, realizzata dal Coordinamento nazionale dei mobility manager di Ateneo. «Il nostro compito è migliorare la mobilità dei docenti, del personale tecnico-amministrativo, e degli studenti», dice Matteo Colleoni, docente di Politiche urbane all’Università Bicocca di Milano. Su un campione di 36 università italiane, 65 mila dati e un milione di studenti, più del 60% degli spostamenti avviene con mezzi pubblici. Se i nostri autobus non fossero il più vetusto parco circolante europeo, e se ci fossero più bus elettrici, sarebbe meglio. «Stiamo programmando l’intera sostituzione degli autobus pubblici per i prossimi quindici anni, con conseguente eliminazione del gasolio: è una soluzione all’interno della legge di Stabilità», spiega Raffaele Tiscar, vicesegretario generale della Presidenza del Consiglio, alla vigilia di una road map sulla mobilità sostenibile da qui al 2030.
Tra i virtuosi dell’elettrico, l’azienda umbra Rampini, di Passignano sul Trasimeno, in grado di esportare bus italiani in Europa. «Dodici dei nostri mezzi circolano a Vienna, con un’autonomia di 150 chilometri, grazie alle ricariche rapide ricavate dalle linee dei filobus», racconta Giuseppe Lepore, responsabile marketing dell’azienda. Gorizia, Piacenza, Siena e Foligno le città italiane servite da Rampini. Un’altra bella storia arriva ancora dall’Umbria, da Gubbio. La LC3, ditta di trasporto merci su gomma, fondata da Mario Ambrogi, ha detto addio al gasolio, troppo impattante, facendo viaggiare a metano liquido quaranta mezzi. Le stazioni di rifornimento però sono solo a Novi Ligure, Castel San Pietro e, prossimamente, a Pontedera.