«Tassa ai turisti e un’Authority nazionale»
Ci vorrebbe «una strategia a lungo termine» (ed è possibile). Ci vorrebbe «un’imposta giornaliera» sul turismo (minima: e si può fare). Ci vorrebbe «un’Authority nazionale», che magari sgrovigli i mille interessi locali (più difficile: ma, di nuovo, si può). E poi ancora ci vorrebbero campus per attrarre studenti, il Mose finalmente finito, quel piano di manutenzione e gestione del sistema che a tutt’oggi semplicemente manca, «un’accurata esplorazione delle opzioni possibili al fine di mobilitare il sostegno internazionale» che la città certamente troverebbe. Sembra lungo, l’elenco di cose da fare per «salvare Venezia». Non lo è. Rientra senza problemi nello spazio di un «Manifesto». E se è vero che negli anni ne sono stati prodotti un’infinità, questo ha almeno una caratteristica che lo differenzia. Chi l’ha elaborato e firmato è super partes rispetto a qualsiasi questione, tendenza, affare, partito, lobby. È il gruppo di esperti internazionali riuniti a inizio novembre dalla Fondazione Cini non per l’ennesimo convegno a gettone, ma per provare a confrontare esperienze e competenze diverse. E vedere, da lì, «se» e «cosa» si può fare in concreto per fermare la lenta agonia di Venezia, città magica «vittima del suo habitat e del suo stesso successo», città fragile schiacciata da una marea di turisti mordi & fuggi: oggi «è un’emergenza, ma può diventare una risorsa se sarà meglio gestita: è legittimo che i visitatori paghino una giusta quota del costo necessario per gestire e preservare questo delicato ecosistema». In quattordici punti, il «Manifesto» sintetizza i due giorni di confronto pubblico sull’isola di San Giorgio e il lavoro che l’ha preceduto e seguito. Giovanni Bazoli, presidente della Fondazione (e presidente emerito di Intesa Sanpaolo), a raccolta aveva chiamato esperti di ecologia, ingegneria, economia, pianificazione, turismo, beni culturali, scienza politica e meccanismi di governo. Tutti innamorati della città lagunare. Tutti impegnati a passare ai raggi X ogni aspetto del suo problematico presente. Hanno concluso che no, Venezia non è «per forza» condannata: «Crediamo fermamente che possa e debba avere un grande futuro», non solo un grande passato. È però «tempo di alzarsi in piedi» e buttarsi nell’impresa, di elaborare una strategia a lungo termine che «richiede un forte ed esplicito impegno di tutte le parti interessate». In prima fila, ovviamente, le autorità politiche locali e nazionali. Il «Manifesto» sarà presentato a loro. Con qualche inevitabile ritardo sui tempi sperati: occorrerà aspettare il nuovo governo, dopo l’incarico conferito a Paolo Gentiloni, per avere l’interlocutore cui chiedere un’Authority. Per la Serenissima e per le altre città d’arte.