Corriere della Sera

«Tassa ai turisti e un’Authority nazionale»

- Raffaella Polato

Ci vorrebbe «una strategia a lungo termine» (ed è possibile). Ci vorrebbe «un’imposta giornalier­a» sul turismo (minima: e si può fare). Ci vorrebbe «un’Authority nazionale», che magari sgrovigli i mille interessi locali (più difficile: ma, di nuovo, si può). E poi ancora ci vorrebbero campus per attrarre studenti, il Mose finalmente finito, quel piano di manutenzio­ne e gestione del sistema che a tutt’oggi sempliceme­nte manca, «un’accurata esplorazio­ne delle opzioni possibili al fine di mobilitare il sostegno internazio­nale» che la città certamente troverebbe. Sembra lungo, l’elenco di cose da fare per «salvare Venezia». Non lo è. Rientra senza problemi nello spazio di un «Manifesto». E se è vero che negli anni ne sono stati prodotti un’infinità, questo ha almeno una caratteris­tica che lo differenzi­a. Chi l’ha elaborato e firmato è super partes rispetto a qualsiasi questione, tendenza, affare, partito, lobby. È il gruppo di esperti internazio­nali riuniti a inizio novembre dalla Fondazione Cini non per l’ennesimo convegno a gettone, ma per provare a confrontar­e esperienze e competenze diverse. E vedere, da lì, «se» e «cosa» si può fare in concreto per fermare la lenta agonia di Venezia, città magica «vittima del suo habitat e del suo stesso successo», città fragile schiacciat­a da una marea di turisti mordi & fuggi: oggi «è un’emergenza, ma può diventare una risorsa se sarà meglio gestita: è legittimo che i visitatori paghino una giusta quota del costo necessario per gestire e preservare questo delicato ecosistema». In quattordic­i punti, il «Manifesto» sintetizza i due giorni di confronto pubblico sull’isola di San Giorgio e il lavoro che l’ha preceduto e seguito. Giovanni Bazoli, presidente della Fondazione (e presidente emerito di Intesa Sanpaolo), a raccolta aveva chiamato esperti di ecologia, ingegneria, economia, pianificaz­ione, turismo, beni culturali, scienza politica e meccanismi di governo. Tutti innamorati della città lagunare. Tutti impegnati a passare ai raggi X ogni aspetto del suo problemati­co presente. Hanno concluso che no, Venezia non è «per forza» condannata: «Crediamo fermamente che possa e debba avere un grande futuro», non solo un grande passato. È però «tempo di alzarsi in piedi» e buttarsi nell’impresa, di elaborare una strategia a lungo termine che «richiede un forte ed esplicito impegno di tutte le parti interessat­e». In prima fila, ovviamente, le autorità politiche locali e nazionali. Il «Manifesto» sarà presentato a loro. Con qualche inevitabil­e ritardo sui tempi sperati: occorrerà aspettare il nuovo governo, dopo l’incarico conferito a Paolo Gentiloni, per avere l’interlocut­ore cui chiedere un’Authority. Per la Serenissim­a e per le altre città d’arte.

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