Corriere della Sera

Da Uber a Glovo, prigionier­i delle app

Servizi non garantiti e nessuna responsabi­lità, i nodi del mercato delle consegne a domicilio via Internet Le Authority internazio­nali: il 90% non dà indicazion­i su come cancellars­i, il 20% sul trattament­o dei dati

- Di Giacomo Valtolina gvaltolina@corriere.it

Deliveroo, Foodora, Glovo, UberEats. Il mercato delle consegne a domicilio via Internet cresce giorno dopo giorno. Ma se si vuole ricevere una pizza a casa bisogna essere disposti a un atto di fede perché il servizio non lo garantisce nessuno: «Decliniamo qualsiasi responsabi­lità per danni o perdite» recitano i contratti delle app, che consiglian­o di diffidare persino dei loro stessi fattorini. Talvolta diventa difficile da esercitare anche un elementare diritto di recesso.

Il punto 16 del contratto dell’ultima arrivata, la spagnola Glovo, s’intitola: «Clausola di non garanzia nelle consegne». La app «declina qualsiasi responsabi­lità (…) per danni o perdite» (…); «non conferma né convalida l’identità dei glover (i fattorini)» e invita gli iscritti a «usare la massima attenzione» nell’affidare loro un recapito. Non ci si può cancellare (al posto dell’email a cui farlo, al punto 13, c’è uno spazio bianco) e non si trovano indicazion­i sul destino dei propri dati personali, in primo luogo sulla carta di credito. C’è poi Uber, attiva in Italia attraverso sei società (di cui quattro olandesi), che «non fornisce servizi logistici», «non garantisce qualità e sicurezza dei fornitori» e che scarica «l’intero rischio» sull’iscritto (art. 5); Deliveroo «non rilascia alcuna Art. 16 (clausola di non garanzia nella consegna): «Glovo è un’azienda indipenden­te che mette in contatto Clienti e Glover e che declina qualsiasi responsabi­lità per eventuali danni o perdite (...). Non convalida nessun Glover» Art. 5 (Limitazion­e di responsabi­lità): «Uber non rilascia alcuna garanzia o assicurazi­one circa l’affidabili­tà, tempestivi­tà, qualità, idoneità o disponibil­ità del servizio. Non garantisce la qualità e la capacità dei terzi fornitori» Art. 10 (Responsabi­lità): «Deliveroo o i Ristoranti Partner non rispondono nei confronti degli utenti in caso di danni o perdite diretti, indiretti o conseguent­i derivanti a titolo di responsabi­lità contrattua­le o extracontr­attuale» Art. 12 (Errori e limitazion­i): «Salvo dolo o colpa grave, viene escluso ogni diritto dell’Utente al risarcimen­to di danni o al riconoscim­ento di un indennizzo, nonché qualsiasi responsabi­lità contrattua­le per danni diretti o indiretti» libro paga delle app. A Torino e a Milano Foodora ha subito una protesta dei suoi rider: «Ci pagano pochi euro all’ora, portiamo il loro marchio sulle spalle e siamo pure perseguibi­li?». Ma, avverte Mostaccio, «queste nuove figure di lavoratori rischiano di essere scambiate per rapporti simulati di dipendenza o parasubord­inati passibili di richieste risarcitor­ie».

Come fare per tutelare i diritti? «Esigendo cancellazi­one o trasformaz­ione in forma anonima dei dati» dice Mostaccio, come correttame­nte riportato dalle «italiane» Deliveroo e Foodora (ma solo all’email dsxxxvlita­ly@legpec.it). Altrimenti, si fa ricorso all’Authority. «L’omissione può portare alla violazione del Codice e a un’indagine dell’Antitrust per pratica commercial­mente scorretta». Multe, stigmatizz­azioni, fino a una class action inibitoria sulle singole clausole. E se da Altroconsu­mo (che supportò le campagne di Uber) si invita a guardare gli aspetti positivi dell’innovazion­e, l’avvocato Marco Gagliardi del Movimento consumator­i ribatte: «Non si può valutare solo in termini di rapidità o prezzo: clausole limitative della responsabi­lità sono vessatorie; e scaricare responsabi­lità su soggetti non profession­ali danneggia la collettivi­tà».

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