Da Uber a Glovo, prigionieri delle app
Servizi non garantiti e nessuna responsabilità, i nodi del mercato delle consegne a domicilio via Internet Le Authority internazionali: il 90% non dà indicazioni su come cancellarsi, il 20% sul trattamento dei dati
Deliveroo, Foodora, Glovo, UberEats. Il mercato delle consegne a domicilio via Internet cresce giorno dopo giorno. Ma se si vuole ricevere una pizza a casa bisogna essere disposti a un atto di fede perché il servizio non lo garantisce nessuno: «Decliniamo qualsiasi responsabilità per danni o perdite» recitano i contratti delle app, che consigliano di diffidare persino dei loro stessi fattorini. Talvolta diventa difficile da esercitare anche un elementare diritto di recesso.
Il punto 16 del contratto dell’ultima arrivata, la spagnola Glovo, s’intitola: «Clausola di non garanzia nelle consegne». La app «declina qualsiasi responsabilità (…) per danni o perdite» (…); «non conferma né convalida l’identità dei glover (i fattorini)» e invita gli iscritti a «usare la massima attenzione» nell’affidare loro un recapito. Non ci si può cancellare (al posto dell’email a cui farlo, al punto 13, c’è uno spazio bianco) e non si trovano indicazioni sul destino dei propri dati personali, in primo luogo sulla carta di credito. C’è poi Uber, attiva in Italia attraverso sei società (di cui quattro olandesi), che «non fornisce servizi logistici», «non garantisce qualità e sicurezza dei fornitori» e che scarica «l’intero rischio» sull’iscritto (art. 5); Deliveroo «non rilascia alcuna Art. 16 (clausola di non garanzia nella consegna): «Glovo è un’azienda indipendente che mette in contatto Clienti e Glover e che declina qualsiasi responsabilità per eventuali danni o perdite (...). Non convalida nessun Glover» Art. 5 (Limitazione di responsabilità): «Uber non rilascia alcuna garanzia o assicurazione circa l’affidabilità, tempestività, qualità, idoneità o disponibilità del servizio. Non garantisce la qualità e la capacità dei terzi fornitori» Art. 10 (Responsabilità): «Deliveroo o i Ristoranti Partner non rispondono nei confronti degli utenti in caso di danni o perdite diretti, indiretti o conseguenti derivanti a titolo di responsabilità contrattuale o extracontrattuale» Art. 12 (Errori e limitazioni): «Salvo dolo o colpa grave, viene escluso ogni diritto dell’Utente al risarcimento di danni o al riconoscimento di un indennizzo, nonché qualsiasi responsabilità contrattuale per danni diretti o indiretti» libro paga delle app. A Torino e a Milano Foodora ha subito una protesta dei suoi rider: «Ci pagano pochi euro all’ora, portiamo il loro marchio sulle spalle e siamo pure perseguibili?». Ma, avverte Mostaccio, «queste nuove figure di lavoratori rischiano di essere scambiate per rapporti simulati di dipendenza o parasubordinati passibili di richieste risarcitorie».
Come fare per tutelare i diritti? «Esigendo cancellazione o trasformazione in forma anonima dei dati» dice Mostaccio, come correttamente riportato dalle «italiane» Deliveroo e Foodora (ma solo all’email dsxxxvlitaly@legpec.it). Altrimenti, si fa ricorso all’Authority. «L’omissione può portare alla violazione del Codice e a un’indagine dell’Antitrust per pratica commercialmente scorretta». Multe, stigmatizzazioni, fino a una class action inibitoria sulle singole clausole. E se da Altroconsumo (che supportò le campagne di Uber) si invita a guardare gli aspetti positivi dell’innovazione, l’avvocato Marco Gagliardi del Movimento consumatori ribatte: «Non si può valutare solo in termini di rapidità o prezzo: clausole limitative della responsabilità sono vessatorie; e scaricare responsabilità su soggetti non professionali danneggia la collettività».