Il rapporto
Secondo il Rapporto 2016 del Gpen (rete di 28 Authority per la privacy internazionali) il 90% delle società in ambito di sharing economy non fornisce indicazioni sulla possibilità di cancellare i propri dati e il 20% non fornisce informazioni appropriate sulla conservazione dei dati
garanzia di alcun genere» e «non si assume responsabilità alcuna» (art. 10); Foodora «esclude ogni tipo di diritto di risarcimento (…) nonché qualsiasi responsabilità» (art. 12). E via dicendo.
Secondo il rapporto 2016 del Gpen — rete di 28 Authority per la privacy internazionali — il 90% delle società attive nei nuovi contesti di mercato definiti «sharing economy» o «Internet delle cose» «non fornisce indicazioni sulla possibilità di cancellare i propri dati»; il 30% «non garantisce modalità di contatto semplici per ottenere chiarimenti sul rispetto della privacy»; il 20% «non fornisce informazioni appropriate sulla conservazione dei dati».
Due le questioni rilevanti per consumatori e lavoratori: il trattamento dei dati personali, menzionati a fatica tra le righe dei contratti, e le responsabilità
del servizio, esplicitamente declinate. «Questi nuovi modelli di business — spiega l’avvocato Alessandro Mostaccio del Movimento Consumatori — aggirano i sistemi classici di responsabilità giocando sull’assenza di norme specifiche.
Ma le leggi ci sono e vanno rispettate». Il caso scolastico è Uberpop, bandito dal giugno del 2015 per l’impiego di autisti senza licenza (e che dovevano assicurarsi da sé).
L’idea è che la responsabilità ricada sui singoli operatori a