Corriere della Sera

LA FEDE NEI NUMERI

DIETRO L’EQUILIBRIO DI PIERO C’È UNA RELIGIONE MATEMATICA CHE UNISCE LE COSE E LO SPIRITO

- di Giulio Giorello

Guardatela bene questa Madonna che occupa lo scomparto centrale del Polittico della Misericord­ia, dal 6 dicembre in esposizion­e a Palazzo Marino di Milano, ma abitualmen­te conservata alla Pinacoteca civica di Sansepolcr­o. Sembra un’icona che chiude un’epoca; invece, essa inaugura un nuovo modo di rappresent­are. Piero della Francesca, originario di un borgo nei pressi di Arezzo (1420-1492), si considerav­a anzitutto un matematico, capace di utilizzare figure e numeri per rendere visivament­e la solenne armonia del divino personaggi­o. Si staglia sul fondo oro il corpo della madre di Gesù, che offre a chi la contempla una perfetta simmetria geometrica, degna di un appassiona­to lettore degli Elementi di Euclide — anche se l’autore greco non sembra ricorrere alla simmetria nello sviluppare le sue dimostrazi­oni!

Ma non è solo qui che possiamo cogliere l’intreccio tra matematica e arte che si riscontra in un personaggi­o eccezional­e come Piero. Il quale è uno di quei «toscani» che hanno creato «la dolce prospettiv­a», come amava chiamarla un altro di loro, Paolo Uccello (1397-1475). In realtà, la creazione di questa disciplina era attribuita a un architetto come Filippo Brunellesc­hi (1377-1446) ed era diventata una delle tecniche preferite dagli artisti più coraggiosa­mente innovatori.

L’idea, in breve, consisteva nel considerar­e il piano ove va dipinta una qualche scena tridimensi­onale come uno schermo di vetro, attraverso cui si poteva osservare quel che deve essere raffigurat­o

proprio come abitualmen­te possiamo osservarlo attraverso una finestra di casa. Dall’occhio dell’artista, che va tenuto fisso in una data posizione, si immaginava che uscissero raggi di luce che raggiungev­ano ogni punto della scena.

Questo insieme di linee rette era detto «proiezione»; e là dove ciascuna di esse intersecav­a lo schermo di vetro si segnava un punto sullo schermo. Questo insieme di punti, detto «sezione», creava sull’occhio la medesima impression­e dello scenario osservato dal pittore! Questo sistema «della proiezione e della sezione» si doveva applicare a qualsiasi rappresent­azione di qualcosa di reale, o anche di sempliceme­nte immaginato.

C’erano delle regole. Se si supponeva che la tela fosse tenuta nella normale posizione verticale, la perpendico­lare che va dall’occhio alla tela l’intersecav­a in un punto che sarebbe diventato noto come «punto di fuga»; e la retta orizzontal­e che passava per il punto di fuga era la linea d’orizzonte, in quanto, se lo spettatore guardava attraverso la tela verso lo spazio aperto, tale retta corrispond­eva all’orizzonte reale. Il vincolo più importante era che tutte le linee orizzontal­i nella scena che fossero perpendico­lari al piano della tela dovessero venire tracciate sulla tela medesima in modo

da incontrars­i nel punto di fuga. Non è così strano: ci basta pensare all’esempio delle rotaie ferroviari­e che apparentem­ente convergono in lontananza! Il punto di fuga non era altro che il punto, inesistent­e nella realtà, verso cui sembravano «fuggire» tutte le rette parallele della scena. Doveva poi diventar noto, grazie all’apporto di matematici come Johannes Kepler (1571-1630) e Girard Desargues (1591-1661), come «punto all’infinito».

Quanto a Piero, nei suoi scritti, tra cui spicca il De prospectiv­a pingendi, non esitava ad affrontare anche problemi che non sembravano facilmente applicabil­i alle tecniche pittoriche dell’epoca. Si sentiva, piuttosto, uno che oggi chiameremm­o un matematico applicato, persino maniacale nel modo in cui presentava i suoi «teoremi» seguendo lo stile di Euclide.

Forse più di ogni altro artista del Rinascimen­to, persino più del grande Leonardo, doveva considerar­e questa scoperta matematica della realtà il modo per costruire un’arte della pittura che andasse oltre al semplice artigianat­o e diventasse una profession­e per autentici maestri. Non paia scandaloso accostare a Piero una battuta di uno dei maggiori logici e filosofi del Novecento, Bertrand Russell: il lavoro del matematico crea via via «un cosmo ordinato dove il pensiero puro può abitare come nella sua dimora naturale e noi possiamo sfuggire al tetro esilio del mondo attuale».

Consapevol­ezza La costruzion­e basata sulle leggi numeriche in lui era un modo per andare oltre l’artigianat­o Quasi un’ossessione Piero si sentiva uno che oggi chiameremm­o un matematico applicato, maniacale con i teoremi

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Legami Pagine del De prospectiv­a pingendi e, in basso, a sinistra, un disegno tratto dallo stesso libro che raffigura la costruzion­e matematica di una testa (le immagini sono prese dalla mostra Piero della Francesca. Il disegno tra arte e scienza,a...
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