Corriere della Sera

Negli anni

- Fbonazzoli@corriere.it

Protezione Piero della Francesca, Madonna della Misericord­ia circa 1445-1455, scomparto centrale del polittico omonimo, Sansepolcr­o, Museo Civico Confronti Da sinistra, altri due esempi di Madonne della Misericord­ia: Simone Martini e Lippo Memmi (1308-10), conservato nella Pinacoteca di Siena, e Santa Maria delle Grazie detta Icona Passatora, nel Santuario Mariano di Ferrazza vicino a Amatrice

simmetria centrale del gran corpo/padiglione della Vergine, come le pieghe del velo che, incornicia­ndo il volto, bucano in una profondità tridimensi­onale lo spazio sidereo dell’oro. O come il quasi impercetti­bile movimento del ginocchio destro che, leggerment­e piegato in avanti, trasforma l’idolo in una persona. Anche la simmetria dell’emiciclo dei devoti è spezzata dalla varietà dei profili che, di volta in volta perfetti, perduti o di scorcio frontale, ci chiamano fuori dall’incanto ottico del Medio Evo. Ecco perché l’immagine ha qualcosa di ipnotico. È quell’incantamen­to che ci fa stare in bilico nella cuspide fra un sublime Assoluto e il tempo presente.

Per questo, però, per il suo impianto medievale, l’immagine della Madonna della misericord­ia, non poteva reggere alla grande maniera rinascimen­tale. Dopo il XVI cadde in disuso e raramente la si vedrà nell’arte della Controrifo­rma.

L’anno scorso il capolavoro esposto a Natale a Palazzo Marino era stato «L’adorazione dei pastori di Rubens», mentre nel 2014 lo spazio in sala Alessi era stato occupato dalla «Madonna Esterhazy» di Raffaello

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