L’infarto, il ricovero, le paure In ospedale con Al Bano
Il cantante: sono uscito da un tunnel, ho avuto tanta solidarietà
Eravamo reduci da un infarto, e il destino ha voluto che io abbia lasciato a lui il mio posto letto in terapia intensiva. «Non dire nello stesso letto sennò la gente chissà cosa capisce», scherza Al Bano. Uno stanzone con sei degenti, monitorati continuamente da uno staff di alta professionalità e gentilezza. Poi Al Bano è stato trasferito in una stanzetta singola, blindatissima, davanti alla quale stazionava il caposala con la lista di coloro che potevano avervi accesso. Si sono presentati parenti veri e sedicenti, colonnelli dei carabinieri… Di sotto, all’ingresso dell’ospedale a pochi passi dalla Basilica di San Pietro, uno stuolo di fotografi e giornalisti. Ho chiesto di poter incontrare Al Bano, al quale ci legava il «trono» della terapia intensiva. Aveva appena finito il pranzo, stava leggendo il Corriere della Sera. Abbiamo vissuto le stesse sensazioni. L’accettazione al pronto soccorso, e nemmeno cinque minuti dopo un gruppo di dottoresse in camice verde che si sono disposte a semicerchio attorno a noi: dopo i primi accertamenti, ti sorridono e in questo modo ti fanno capire la gravità della situazione. C’è sempre una strana incosciente euforia durante e dopo l’intervento. Il cardiologo Alessandro Totteri ci spiega: «Noi diciamo sempre che la prima ora è d’oro e voi siete qui a raccontarlo perché siete arrivati subito».
Al Bano, la fede si rafforza o viene meno in queste situazioni? «La fede o ce l’hai o non ce l’hai. Ho litigato una sola volta col mio amico lassù, per mia figlia che non abbiamo più visto, ma il cristianesimo funziona così, devi stare in larghe intese con la fede sennò essere cristiani è di comodo, siamo noi che dobbiamo essere al suo servizio. Ho visto tutto in diretta. Ormai il cuore è straprotetto». Cambierà la sua vita? «In meglio. Sono felice di essere uscito da questo tunnel. Ho avuto tanta solidarietà, tra i primi Massimo Ranieri. Ho pensato a quanti colleghi, dal grande Pino Daniele a Lucio Dalla a Mango, tutti morti di infarto. Son salito lassù da San Pietro, che ci guarda dalla finestra di questo ospedale, e ho bussato alla sua porta: cosa vuoi, mi ha detto, torna giù. E mi hanno rimandato indietro».
Al Bano, dobbiamo cantare Felicità o Vincerò da Nessun Dorma? Sorride: «Tutt’e due». Possiamo dire che all’Ospedale di Santo Spirito, lo Spirito Santo ci ha protetti? «Confermo». Ci dà la mano col suo sorriso aperto alla vita, parla, della terra, di un buon bicchiere di vino: «Ci rivedremo al prossimo incontro, in altre situazioni. Dobbiamo farlo per brindare a questo nuovo corso che ci aspetta». Insieme Al Bano e Valerio Cappelli, entrambi ricoverati a Roma. Dice il cantante: «Ho pensato a tanti colleghi morti d’infarto, dal grande Pino Daniele a Lucio Dalla, a Mango. Io son salito lassù da San Pietro, che ci guarda dalla finestra di questo ospedale, e ho bussato alla sua porta: cosa vuoi, mi ha detto. Torna giù».