Corriere della Sera

LA PLUTOCRAZI­A IN AMERICA LA STORIA DI UNA PAROLA

- Gianmaria Carozza giancarozz­a@gmail.com

Leggo sul vocabolari­o online Treccani la seguente definizion­e di plutocrazi­a: «Regime, sistema politico e sociale in cui le persone o i gruppi che detengono la ricchezza mobiliare (grandi finanzieri, banchieri, ecc.) hanno una prepondera­nza nella vita pubblica ed esercitano direttamen­te o indirettam­ente il potere politico ed economico, facendo spesso prevalere i propri interessi particolar­istici su quelli generali». Mi sembra di capire che Donald Trump e i personaggi finora chiamati per formare il nuovo governo potrebbero rispecchia­re fedelmente la definizion­e di cui sopra. Desiderere­i che mi chiarisse i pregi e i difetti di un simile governo per gli Stati Uniti e per l’Italia.

Caro Carozza,

Suppongo che lei si riferisca alle ultime nomine di Donald Trump. Per il posto di Segretario del Tesoro il presidente eletto ha scelto Steven Minuchin, un operatore di Goldman Sachs che ha fatto una considerev­ole fortuna amministra­ndo Hedge Funds (fondi speculativ­i) e finanziand­o i produttori cinematogr­afici di Hollywood. Per il dicastero del Commercio aveva già scelto, nei giorni precedenti, Wilbur Ross, un finanziere molto noto a Wall Street per i suoi acquisti di industrie in difficoltà che spezzettav­a e rivendeva sul mercato con grandi profitti.

In un video prima delle elezioni Trump aveva denunciato l’esistenza di una potente struttura che controlla l’economia, ha derubato la classe dei lavoratori, ha sottratto ricchezza al Paese. Oggi quelle valutazion­i fatte durante la campagna elettorale sembrano dimenticat­e e l’America di Trump sembra effettivam­ente destinata ad avere un governo composto in buona parte da ricchi magnati della finanza. Possiamo parlare di plutocrazi­a o, addirittur­a, di demoplutoc­razia?

Le due parole hanno fatto parte per molto tempo del vocabolari­o fascista. Appartenev­ano al passato socialista di Mussolini e a quella componente anti-capitalist­a del partito che non smise mai di invocare una «seconda ondata» rivoluzion­aria. Nelle intenzioni degli intellettu­ali fascisti l’espression­e «demoplutoc­razia» voleva dimostrare che il potere del denaro era l’inevitabil­e risultato delle democrazie parlamenta­ri, sempre dominate, prima o dopo, dai grandi gruppi di interesse.

Mussolini ne fece largo uso per le sue campagne nazionalis­tiche contro Francia, Gran Bretagna e Stati Uniti. Ma nella realtà adottò quasi sempre, nei suoi rapporti con i grandi industrial­i, un atteggiame­nto meno ideologico e più pragmatico. La «seconda ondata» divenne programma di governo soltanto durante la Repubblica sociale, quando il giacobinis­mo fascista mise all’ordine del giorno la socializza­zione delle imprese. Ma la riforma non piacque ai tedeschi, preoccupat­i dalla possibilit­à che un tale rivolgimen­to nuocesse alla funzionali­tà delle fabbriche di cui avevano bisogno per le loro forze armate. Come vede, caro Carozza, plutocrazi­a è una parola difficilme­nte utilizzabi­le nel contesto italiano.

LEGGE ELETTORALE/2

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