La F1 americana fra avvocati e liti al rush finale
Settimane decisive per la vendita del Circus a Liberty, ma quanti ostacoli sulla strada della rivoluzione
Altro che letargo. La pausa invernale della Formula 1 non è mai stata così carica di attese. Lo scossone provocato dal ritiro del neocampione Nico Rosberg alimenta il «toto-nomi» per il sedile più pregiato della griglia. La Mercedes deciderà entro fine dicembre, mentre dietro le quinte va in scena un altro Gp non meno emozionante: la vendita del Circus agli americani. Nel giro di un mese le carte saranno sul tavolo: il 5 gennaio l’autorità inglese per la concorrenza si pronuncerà sull’operazione, sette giorni dopo gli azionisti di Liberty Media saranno chiamati a votare per completare l’acquisizione. Se tutto filerà liscio, sarà una nuova alba con il closing fissato entro il 30 giugno. Il gruppo che fa capo a John Malone, versando 4,4 miliardi di dollari, prenderà il volante del paddock, ossia della Delta Topco, la cassaforte che custodisce i diritti commerciali della F1.
Nel rush finale non mancano gli ostacoli. Il primo viene dal dossier dell’antitrust inglese, aperto per capire se il passaggio di mano può danneggiare pay tv concorrenti del colosso statunitense, attivo in Gran Bretagna attraverso Virgin Media. «Per la legge è un’operazione di concentrazione — spiega Matteo Beretta, partner dello studio legale internazionale Cleary Gottlieb —; l’ipotesi in caso di violazione delle norme è che l’integrazione verticale con la società che produce i diritti televisivi legati alla Formula 1 potrebbe indurre Liberty a riservarli a società del gruppo o a cederli ad aziende terze solo a condizioni
Dopo i rovesci di Eurolega (4 sconfitte di fila) per Milano arriva anche la prima sconfitta in campionato: a Venezia, dove la EA7 ha perso partita, lucidità e morale (foto: Peric contro Kalnietis). Buio, oltre la siepe del taglio di Alessandro Gentile. Facce scure. Il turnover per Hickman e Macvan con il sapore di un alibi (?) preventivo. Confusione: Mantas Kalnietis, uno dei maggiori imputati di scarso rendimento, risulta l’unico degnamente in campo (14 punti e 10 assist). Raffiche di cambi, che spesso assomigliano a pratiche di peggiori o discriminatorie». Il Garante ha tre opzioni: autorizzare l’accordo, avviare una nuova istruttoria o dare il via libera pur fissando alcuni paletti. Una risposta arriverà a breve, e sono in tanti a credere che sarà positiva.
Ma ci vorranno tempi molto più lunghi perché gli americani tocchino i delicati meccanismi che regolano l’alta velocità. «Comando sempre io» ha ripetuto più volte Bernie Ecclestone. Ed è vero. Mister E. a 86 primavere dovrebbe continuare a tirare i fili per altri tre anni nel ruolo di a.d. della nuova Nuovo capo Bernie Ecclestone assieme a Chase Carey, vicepresidente della 21st Century Fox destinato a diventare presidente della Formula One Group (Foto E.Colombo) autoflagellazione, nella ricerca di gerarchie che dovrebbero essere da tempo consolidate. Dichiarazioni criptate: «Il problema è mentale». Di tutto, fuorché una elementare analisi logica del basket. Solo il futuro dirà se questo è un semplice scivolone, oppure un pericoloso piano inclinato. Resta tuttavia invariato il +4 in vetta: Reggio Emilia, che perde Stefano Gentile per infortunio, cade infatti contro una Varese capace di reagire alla crisi e finisce raggiunta al secondo posto. società. Si dice che abbia cercato in tutti i modi di innestare la retromarcia sulla vendita, ma gli «amici» del fondo Cvc, interessati alla ricchissima plusvalenza, hanno tirato dritto. Del resto ci sono voluti tre anni — al 2013 risalgono i primi contatti con Liberty — per trasformare una promessa d’amore in un matrimonio.
Le nuove relazioni, però, possono riservare sorprese, belle e brutte. Per crescere, gli americani puntano su più gare extraeuropee — «gli organizzatori pagano di più» —, ma sta succedendo il contrario.
Verdetto
Il 5 gennaio l’autorità inglese si pronuncerà: l’antitrust ipotizza danni a pay tv rivali
Malesia e Singapore gettano la spugna, Brasile e Canada soffrono, mentre nel 2018 rispunta la Francia. E i team di punta, in base al Patto della Concordia che scade nel 2020, hanno il potere di veto su un calendario con oltre il 60% dei Gp al di fuori del Vecchio Continente e degli Usa.
L’elenco di fattori di rischio stilato da Liberty — una prassi comune per tutte le società quotate a Wall Street — è lunghissimo: si va dall’attacco terroristico, alle indagini fiscali dell’Unione Europea, ma a preoccupare di più sono i fragilissimi equilibri che regolano la pax nella F1. La rivoluzione può attendere.