Le mosse in Borsa di Bolloré e il precedente della multa per l’«attacco» a Premafin
Nel 2014 una sanzione di 3 milioni confermata in Appello
Un mese di rialzi folli, volumi esplosi. E dietro, a manovrare, la manina di un francese che con le sue 264 telefonate trasmetteva un «buy» dietro l’altro ai broker, attuando consapevolmente e deliberatamente «un piano manipolatorio».
Rinfreschiamoci la memoria su quella «scalatina» illecita a Premafin, di cui si conosce solo una parte della storia. E’ utile visto che la manina era di Vincent Bolloré, l’uomo che ora con Vivendi ha alzato il tiro su Mediaset. La Fininvest accusa i francesi di manipolazione del mercato cioè di «aver creato le condizioni», con la disdetta all’accordo su Premium, «per far scendere artificiosamente il valore del titolo Mediaset» e poi lanciare la scalata «a prezzi a sconto». La Procura ha aperto un’inchiesta e la Consob ha avviato accertamenti. Si vedrà se è stato tutto regolare oppure no.
Certo che il numero uno di Vivendi sarà un cavaliere senza paura ma ha una macchia bella grossa. E ha proprio il marchio indelebile della manipolazione di mercato. A stanarlo e inchiodarlo era stata un’accuratissima indagine dell’Ufficio insider trading della Consob. Gli atti nel 2014 finirono alla Procura di Milano che però non risulta abbia proceduto contro Bolloré. Al francese venne contestata l’operatività anomala di titoli Premafin tra settembre e ottobre 2010. In un mese Bolloré con due finanziarie di famiglia, Financière du Perguet e Financière de l’Odet, rastrellò sul mercato fino al 5% (con un balzo del 26% della quotazione) dell’allora holding della famiglia Ligresti che controllava Fondiaria-Sai e che era nel mirino dei francesi di Groupama. Gli acquisti, secondo la Consob, servirono a fissare «il prezzo delle azioni Premafin a un livello artificiale” fornendo così “indicazioni false e fuorvianti al mercato». Il tutto per favorire, appunto, il disegno di un ingresso di Groupama nel capitale Premafin. L’imprenditore d’oltralpe già vantava in Italia un sistema di relazioni, partecipazioni e poltrone di primo livello, a partire da Mediobanca-Generali. E si trovò a essere «bollato» come manipolatore del mercato con una sanzione Consob da 3 milioni (una delle più alte deliberate dalla Commissione), la contestuale «perdita temporanea dei requisiti di onorabilità» con interdizione per 18 mesi dai consigli di amministrazione di società quotate italiane. Oltre al danno anche la beffa di dover uscire da Premafin con una consistente minusvalenza.
Ovviamente Bolloré reagì: «Abbiamo rispettato tutte le regole — scrisse in una nota — presenteremo appello al Tribunale di Milano per dimostrarlo». Ecco, da qui in poi non ci sono più notizie. Come è andata a finire, dunque?
Male per Bolloré. La sentenza della Corte d’appello ha confermato in toto la ricostruzione della Consob e le conseguenti sanzioni. I giudici nello stendere la sentenza e confermare l’illecito amministrativo, sottolineano la «gravità della vicenda, sia sotto l’aspetto oggettivo (… entità degli acquisti … importanza dell’emittente nel mercato), sia sotto quello soggettivo», cioè da una parte «il dolo … nel senso della consapevole e deliberata attuazione del congegnato piano manipolatorio», e dall’altra «la posizione professionale del Bolloré, importante soggetto attivo nel settore degli investimenti a livelli europeo».
Allora nel suo portafoglio non c’era ancora, in Italia, la quota di maggioranza relativa (24%) in Telecom. E nemmeno il 20% di Mediaset, fresco di scalata. Con tutti i sospetti di Fininvest.