Corriere della Sera

Il produttore di Hollywood

In arrivo L’attore è anche il protagonis­ta (Hughes) di «L’eccezione alla regola» Beatty: «Torno alla regia dopo 18 anni per raccontare la fabbrica delle illusioni»

- Giovanna Grassi

Warren Beatty, classe 1937, è stato — («lo è ancora», sostiene la sorella maggiore Shirley MacLaine) — uno degli attori più glamour di Hollywood. Oltre che il regista premiato dall’Oscar per il film Reds (1981) e l’interprete del colossale flop Ishtar diretto da Elaine May. Ora Beatty è però anche l’autore del discusso, stroncato, eppure da alcuni molto amato, L’eccezione alla regola (Rules Don’t Apply) sull’enigmatico mogul Howard Hughes nella Hollywood sfavillant­e degli anni Sessanta. Paradossal­mente però, oggi si parla più di un suo film del passato, Bulworth - Il senatore, perché in quel suo lavoro del 1998 molti leggono una parabola ferocement­e ironica, molto simile a quella che ha portato Trump a diventare presidente degli Stati Uniti.

L’eccezione alla regola è stato proiettato in prima mondiale all’American Film Institute Festival, alla presenza di Warren e di sua moglie Annette Bening, che ha un piccolo, ma significat­ivo ruolo nel cast dove primeggia la giovane protagonis­ta Lily Collins (figlia del musicista Phil). Fin dal suo debutto il film ha fatto discutere e ha raccolto velenosi commenti.

Uomo complesso, amato dalle donne (da Julie Christie a Joan Collins, Cher , Madonna, Diane Keaton), monogamo dopo il matrimonio (1992) con Annette, che gli ha dato quattro figli, Warren è un democratic­o di ferro e ha «flirtato» con la politica in passato.

Hollywood ironizza sul fatto che lei ha impiegato quasi 18 anni per preparare e dirigere «L’eccezione alla regola», il suo ritorno alla regia dopo «Bulworth - Il senatore»… «È la pellicola che volevo

scrivere, dirigere, sceneggiar­e e interpreta­re nel ruolo di Hughes. E l’ho fatto».

Non c’è politica come in tanti sui lavori, da «Shampoo» a «Reds». Perché?

«L’approccio è diverso da quello di quei film e di Bulworth ambientato in California durante la campagna del 1996 per l’elezione del nuovo presidente Usa. Mi interessav­a il disegno dei personaggi che gravitano intorno a Hollywood e quello di Hughes». Quale è l’attualità di «Bulworth» a suo parere?

«Il film è ambientato durante la stretta finale della campagna delle elezioni primarie e riproposto oggi anticipa per molti aspetti il nostro tempo di contraddiz­ioni. Quando Bulworth ritorna dopo giorni di esauriment­o alla tv per un dibattito con il concorrent­e

scopre che è stato votato da molti contro ogni previsione. Sarebbe possibile fare un doppio parallelo di Bulworth con Trump ma anche con Bernie Sanders. Rispetto il nostro sistema elettorale, lascio parlare il film».

C’è una scena di «Bulworth» che secondo lei la platea dovrebbe rivedere?

«È quella di un candidato che parla senza inibizioni e dice quello che pensa sia la verità “per lui” anche quando si traveste da rapper. Viviamo in una America fratturata, divisa: potrebbe essere fertile osservare sullo schermo ciò che faceva Jay Bulworth e analizzare ciò che è stato ed è Brexit, ciò che potrebbe accadere in Francia ed è avvenuto in modo populista in Usa. Avevo detto che Trump avrebbe procurato sorprese e così è stato».

stato Democratic­oamico di Reagan.di ferro, Perché è si è sempre tirato indietro dalla politica?

«Ho deciso che essere padre e un marito felice di Annette, che ho sposato nel 1992, sarebbe stato il punto focale più interessan­te della mia vita». Twitter e Hollywood hanno qualcosa in comune?

«Macinano tutto, ognuno ne può fruire».

Hollywood vende illusioni nel suo film…

«È uno dei compiti della metropoli dello spettacolo, del resto».

Come Orson Welles è stato produttore/autore/regista e spesso interprete dei suoi film, basta ricordare «Il paradiso può attendere». Cosa si aspetta dal cinema delle nuove tecnologie?

«Piccoli o grandi film capaci di suscitare emozioni. Io sono contento di essere riuscito a proteggerm­i, tenendo privata la mia famiglia. Hollywood concede anche questo: dipende da te».

Ho sempre rifiutato di fare politica perché avevo deciso che essere padre e un marito felice sarebbe stato il punto focale più interessan­te della mia vita

 ??  ??
 ??  ?? Bottiglia di champagne Lily Collins (27 anni), protagonis­ta femminile di «L’eccezione alla regola»
Bottiglia di champagne Lily Collins (27 anni), protagonis­ta femminile di «L’eccezione alla regola»

Newspapers in Italian

Newspapers from Italy