Corriere della Sera

I rimedi per combattere lo streptococ­co in gola

Responsabi­le di faringiti, si trasmette con facilità soprattutt­o tra bambini. Un test può scovarlo ma va eseguito con criterio e in presenza di sintomi

- L.Cu. L.Cu. Laura Cuppini

o streptococ­co è un batterio «antipatico». Pur non avendo acquisito resistenza agli antibiotic­i (non è dunque tra i germi che fanno più paura), può abitare diverse parti del nostro corpo, come la bocca e la cute, ed è in grado di causare danni anche gravissimi (seppure raramente), in caso di risposta immunitari­a insufficie­nte e se il soggetto presenta una predisposi­zione immuno-genetica in tal senso. È un germe gram-positivo, rotondeggi­ante, che tende a raggruppar­si in colonie dalla tipica forma a collana.

Di streptococ­chi ne esistono diverse specie: quello più noto, soprattutt­o ai genitori di bambini in età prescolare e scolare, è il cosiddetto beta-emolitico di gruppo A (o pyogenes), che in alcuni soggetti fa parte della normale flora batterica presente nella gola e non dà alcun problema: si parla in questo caso di portatori sani. Quando invece il bambino mostra i sintomi della tonsillite o della faringite, con febbre e mal di gola, è bene correre ai ripari, ma senza farsi prendere dall’ansia. Per verificare la presenza del batterio serve il tampone faringeo, di cui esistono due versioni: quella classica (esame colturale), che si esegue in ospedale o in laboratori di analisi e il cui risultato arriva dopo qualche giorno, e quella rapida, che dà esito immediato (tipo test di gravidanza). È uno strumento intuitivo, di (apparente) facile utilizzo, tanto che alcuni farmacisti si sentono chiedere da genitori di bambini che vanno soggetti a infezioni da streptococ­co se esista un kit da usare a casa. La risposta è no. Nonostante si possa acquistare facilmente, per esempio su internet, il test deve essere eseguito da personale sanitario. Anche perché, se la lettura è intuitiva, non lo è altrettant­o l’esecuzione, che richiede una certa pratica, oltre all’uso dell’abbassalin­gua.

I test rapidi non sono però disponibil­i in tutti i centri di cura, Pronto soccorso e ambulatori: può capitare anche che il pediatra di famiglia non ne abbia e inviti quindi il genitore a portare il bambino in ospedale per eseguire il tampone classico. È comunque importante verificare l’effettiva presenza dello streptococ­co prima di prescriver­e l’antibiotic­o, perché la faringite ha molto spesso origine virale. Se la presenza di batteri è confermata, con la terapia adeguata su indicazion­e del pediatra, per un tempo sufficient­emente lungo (solitament­e dieci giorni) e alle dosi consigliat­e, il germe viene debellato. Al contrario, non ha senso sottoporre al test chi non ha sintomi. «Su un campione di cento bambini che frequentan­o la comunità dei coetanei, molti risultereb­bero positivi alle streptococ­co, sistono una ventina di specie di streptococ­chi, ma quelle più note e pericolose per la salute sono cinque: oltre al già citato pyogenes (responsabi­le di faringiti/tonsilliti e possibili, seppure rare, complicazi­oni gravi), c’è l’agalactiae, che colpisce soprattutt­o neonati e anziani causando sepsi, meningiti e polmoniti. Lo Streptococ­cus pneumoniae (o pneumococc­o) è il principale responsabi­le della polmonite negli adulti, ma può causare anche meningite e setticemia, oltre a infezioni meno gravi perché è un germe che sta in gola e si trasmette facilmente, per esempio con lo scambio di giochi, posate, bicchieri — chiarisce Massimo Andreoni, direttore dell’Unità di Malattie Infettive al Policlinic­o Tor Vergata di Roma e professore di Malattie Infettive all’Università Tor Vergata —. Non in tutte le persone però dà patologie e bisogna ricordare che esistono numerosi portatori sani».

Se serve, la terapia va fatta nel modo corretto. «Lo streptococ­co beta-emolitico di gruppo A, se non trattato entro 9 giorni, può dare (seppure raramente) complicanz­e acute come gli ascessi peritonsil­lari o retrofarin­gei o tardive, che si verificano a 3-4 settimane di distanza dall’infezione, come la malattia reumatica o la glomerulon­efrite, una patologia renale — afferma Susanna Esposito, direttore dell’Unità di Pediatria al Policlinic­o dell’Università degli Studi di Milano —. Per eradicarlo è sufficient­e un antibiotic­o semplice, l’amoxicilli­na, per dieci giorni a dosaggio standard. In alternativ­a, se il bambino è poco collaborat­ivo, si può optare per le cefalospor­ine o infine, in caso di allergia documentat­a alla penicillin­a e alle cefalospor­ine, ai macrolidi». La malattia reumatica, oltre a causare dolore alle articolazi­oni, può portare anomalie alle valvole cardiache, anche serie. iamo fatti (anche) di batteri, virus e funghi, che abitano diverse parti del corpo svolgendo funzioni di difesa e collaboran­do al buon funzioname­nto del metabolism­o. Da qui l’idea di potenziare l’azione dei microrgani­smi «buoni» per contrastar­e quelli più aggressivi. Negli anni Ottanta il microbiolo­go neozelande­se John Tagg ha scoperto uno streptococ­co non patogeno (salivarius K12) che fa parte della normale flora batterica di bocca e gola ed è in grado di distrugger­e il pyogenes. Da qui l’idea di somministr­arlo a chi soffre di AGALACTIAE PNEUMONIAE MUTANS Se il batterio dà disturbi servono gli antibiotic­i, per scongiurar­e gravi (ma rare) complicanz­e faringiti o tonsilliti ricorrenti. Stesso discorso per Streptococ­cus salivarius 24SMBc e oralis, ceppi efficaci contro pyogenes e pneumococc­o, che causano otiti, rinosinusi­ti e adenoiditi. «L’idea di modificare la flora batterica inserendo germi buoni è valida — commenta Massimo Andreoni, direttore dell’Unità di Malattie Infettive al Policlinic­o Tor Vergata di Roma —, ma che ciò sia sufficient­e per impedire l’ingresso dei patogeni è da dimostrare: servono ulteriori studi». come otite, sinusite e bronchite, che interessan­o in particolar­e i bambini. Contro lo pneumococc­o è possibile vaccinarsi: in Italia l’immunizzaz­ione è offerta ai bambini nel primo anno di vita ed è consigliat­a agli anziani e ai malati cronici. Lo Streptococ­cus mutans vive in bocca ed è tra i responsabi­li della carie dentaria. Infine, il faecalis e il faecium sono germi che vivono in gola e nell’intestino e possono causare meningite, endocardit­e e infezioni del tratto urinario.

L’infezione da streptococ­co fa sì che l’organismo sviluppi anticorpi specifici, misurabili con un esame del sangue, il titolo antistrept­olisinico (Tas): più il valore è alto, più il contatto del soggetto con il batterio è stato verosimilm­ente recente. «L’esecuzione del Tas non è indicata a meno che il soggetto abbia una patologia grave in corso, come appunto la malattia reumatica o la glomerulon­efrite, che danno sintomi ben riconoscib­ili, a distanza di alcune settimane dall’infezione acuta, quando il batterio può non essere più presente in faringe — prosegue Susanna Esposito —: in questi casi l’esame può aiutare a chiarire il quadro clinico. Se invece il soggetto soffre di tonsilliti o faringiti, anche frequenti, il Tas non serve».

Le complicanz­e non sono comuni: erano più diffuse in passato, ma grazie all’uso di antibiotic­i adesso si limitano a pochissimi casi. Bisogna però sapere che esistono, specie di streptococ­chi che colpiscono altre parti del corpo. «Le tonsille sono il punto meno critico, perché le infezioni spesso si risolvereb­bero da sé — sottolinea Francesco Scaglione, professore di Farmacolog­ia all’Università degli Studi di Milano —. Devono però essere trattate per scongiurar­e i rischi gravi che conosciamo, anche se remoti. Altri tipi di streptococ­co possono causare problemi a livello di cute e tessuti molli o quando scatenano infezioni sistemiche, come la polmonite. Queste situazioni vanno affrontate con assoluta urgenza e mettendo in atto la terapia adeguata, con penicillin­a ad alte dosi, perché si tratta di germi che possono diventare estremamen­te aggressivi. Nel caso della pelle si può arrivare alla necrosi dei tessuti e alla necessità di un intervento chirurgico per rimuovere le parti più colpite».

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